“Vita da vampiro – What we do in the shadows” (2014) di Taika Waititi e Jemain Clement

Se noi vivessimo in un mondo nel quale l’esistenza dei vampiri fosse appurata e verificata allora sicuramente qualcuno ne caverebbe fuori un documentario. Taika Waititi, regista di film come Jojo Rabbit e Thor – Ragnarok, gira questo film, nella forma di un mockumentary sulla falsa riga, quasi parodia di quei programmi televisivi dove la troupe segue il soggetto o i soggetti del documentario nella sua vita quotidiana. In poche parole, una delle commedie più originali degli ultimi anni, che fa leva sia sull’assurdo che sull’horror da cui gli autori hanno anche tratto una serie nel 2019.

Il film è ambientato ai giorni nostri, ed essendo un focus familiare, aspettatevi che quando prima ho detto “vita quotidiana”, non intendevo nient’altro che quello. Quattro vampiri, tutti di età molto distanti vivono insieme sotto lo stesso tetto e come tutte le normali convivenze, hanno anche loro il solito fatidico problema che affligge tutte le famiglie: “Chi lava i piatti stasera?” Il concetto e la comicità del film giocano sul surrealismo di una vita qualunque applicata però ad un contesto vampiresco e ai problemi che comporta. Come si veste il sabato sera un vampiro, se non può vedersi allo specchio? Tutte le gag girano intorno a questo, in poche parole, la comicità nasce dal loro tentare di adattarsi alla società moderna, imparando anche ad apprezzare le tecnologie. Riassumo in questo modo in quanto essendo un film comico, parlarvene per farvi capire la sua forza, porterebbe rovinarvi la visione del film ed è spiacevole non ridere ad una scena quando già la si conosce. La trama quindi, si sviluppa intorno alla loro vita di tutti i giorni, sfociando in incontri con la gang rivale dei lupi mannari, e in feste private di alto livello specifiche per vampiri, zombie, fantasmi e creature affini.

Waititi e Clement interpretano rispettivamente Viago e Vladislav, il primo buono e amichevole, il secondo che ricalca un po’ il personaggio del Dracula, amante delle donne e carismatico. Ci sono poi Deacon, il più giovane dei quattro, indisciplinato e narcisista, ed infine Peter, ovvero il più anziano di loro, talmente vecchio da aver assunto una forma vampiresca più simile a quella del Nosferatu del cinema classico tedesco, tenebroso e animalesco, protagonista di alcune delle sequenze più spaventose. Sì perché anche la vita da vampiro ha i suoi imprevisti e problemi e il film sia in chiave comica che in chiave horror ci racconterà questa storia originalissima. Inoltre, il personaggio del vampiro viene narrato per quello che effettivamente è o sarebbe, se esistesse al mondo d’oggi, perciò avrà bisogno di nutrirsi e di conseguenza uccidere. Il sangue sullo schermo ci verrà mostrato più volte. La trama poi prende una svolta. Cosa succederebbe a una situazione familiare come questa se all’improvviso ne comincia a far parte un altro membro. Nick sarà l’umano che entrerà in questa folle famiglia e la forma documentaristica ci mostrerà il suo percorso per farsi accettare e ambientarsi, ma questi, essendo giovane ed esaltato dal suo nuovo status, spiffererà ai quattro venti di essere un vampiro. La sua entrata in gioco quindi, sarà il fulcro che scatenerà gli eventi centrali del film.

Una volta superata la soglia dell’incredulità, dove cominciamo ad accettare il surrealismo della situazione, allora il film non smetterà mai di farci ridere. Basta la prima scena, cliché che viene ribaltato, dove una sveglia suona in primo piano, la telecamera si allontana e ci mostra una bara da cui esce una mano assonnata che la spegne. La storia scorre veloce e sebbene rimanga sempre documentaristica riesce sempre ad intrattiene e mai ad annoiare, grazie anche ad una regia che dosa bene l’elemento comico e quello horror.

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