Una storia di fantascienza dove una bellissima metafora nasconde una forte tematica sociale. Film dove il genere è di sfondo per raccontare qualcosa di antirazzista e soprattutto di unione fra popoli in un conflitto tra classi sociali, senza farne comunque risentire alle sequenze action. Ma veniamo al dunque.
A Johannesburg in Sudafrica, una gigantesca astronave aliena è rimasta sospesa, spenta e inattiva, sopra la città. Entrando al suo interno, L’Mnu, reparto governativo che si occupa della questione, ha trovato un milioni di esseri antropomorfi somiglianti a dei gamberoni e che verranno così denominati. Negli anni successivi verrà instaurato il distretto 9, area sotto l’astronave e isolata dal resto di Johannesburg dove i gamberoni si stanzieranno. La storia si incentra sul personaggio di Wikus, dipendente dell’Mnu che dovrà avvertire tutti gli alieni che sono stati “sfrattati” e che dovranno essere trasferiti fuori città. Durante la sua attività, entrerà a contatto con un liquido nero che li causerà iniziale spossatezza, nausea e mutazioni.
La storia da qui prosegue. Anzitutto troviamo lo scontro tra classi sociali. I gamberoni saranno anche arrivati in astronave, ma non sono trattati diversamente da una qualsiasi minoranza etnica, difatti, sono racchiusi in un area specifica, maltrattati, e considerati alla stregua di bestie. Wikus, che anche se protagonista, fin dall’inizio rappresenta l’umano tipo, razzista nei confronti di una classe sociale inferiore, li tratta con scherno e disumanamente. Ciò entra in conflitto con la sua personalità impacciata, per una caratterizzazione e uno sviluppo del personaggio bellissimo, che rende il protagonista da malvagio odioso ad eroe altruista. L’antagonista principale in questa storia è la società stessa, il governo è interessato agli alieni solo ed esclusivamente per la loro tecnologia bellica. Ne vengono mostrati i suoi pregiudizi e il suo egoismo, tratti che risiedono anche in Wikus e con cui farà i conti per tutto il film.
La narrazione scorre veloce, e il ritmo progredisce sempre di più dall’inizio alla fine in una sequenza di avvenimenti che aumentano l’action (ce n’è tantissima) e il pathos. La rappresentazione del distretto 9 è realistica e funziona alla meraviglia, a metà tra una discarica e un campo profughi.
Le riprese tendono ad assomigliare per parte del tempo a uno stile tele giornalistico, ed è attraverso quello che seguiamo la missione di Wikus nel distretto. Ciò che ho trovato incredibile, è come questo tipo di ripresa non andasse a cozzare con gli effetti speciali che non sono invecchiati quasi per nulla. Ed è tutto dire visto che la computer grafica è una tecnologia che si migliora ogni anno velocemente. I macchinari fantascientifici e gli alieni stessi sono incredibilmente realistici e dal design meraviglioso che gli dona anche una personalità ben definita senza ridurli a semplici creature di sfondo. Questo perché, alcuni dei gamberoni sono personaggi attivi nella storia e con uno specifico ruolo.
“District 9” è l’ennesimo film che intrattiene su più lati, che diverte, stupisce con le sequenze action e che denuncia l’atteggiamento umano, più disumano degli alieni stessi. Il tipo di cinema che con la sua spettacolarità visiva prova a renderci anche più saggi. La massima espressione dell’arte, originale, saggia, e ricca di emozioni.
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