“Qualcuno volò sul nido del cuculo” (1975) di Milos Forman

Il film vinse 5 Oscar. La storia, che può sembrare ostica, racconta la situazione degli ospedali psichiatrici di quegli anni, criticando con forza i metodi applicati dai medici e dagli infermieri. Tutto funziona meravigliosamente e diventa cult sia grazie alla ben equilibrata dose di commedia che alleggerisce la tematica, sia grazie alla magnifica interpretazione di Jack Nicholson che spacca lo schermo con le sue celebri espressioni folli, qui personaggio presentato come poco di buono, ma eroico per tutto il susseguirsi della narrazione.

Nicholson interpreta Randy McMurphy. Arrestato più volte per risse e per uno stupro di minore, viene portato al manicomio in cui si svolgerà tutta la storia nel tentativo di capire se sia da considerare malato di mente per i suoi gesti, o se questi finga per evitare i lavori forzati in prigione. Durante il suo soggiorno Randy si ribellerà continuamente alle autorità dell’infermiera capo Mildred Ratched scatenando nei pazienti voglia di riscatto. Lo scontro rappresentato tra Randy e l’infermiera funziona e cresce progressivamente trascinandoci grazie a l’enorme empatia che si genera con il protagonista. Due degli Oscar vinti vanno proprio a Nicholson e a Louise Fletcher, che interpreta la malvagia infermiera. Gli altri tre sono per il “miglior film”, “miglior sceneggiatura non originale” (è tratta da un romanzo) e “miglior regista”. Tutto il film infatti, è modernissimo nella messa in scena, non porta per niente i suoi quasi cinquant’anni e la sua fama è attiva tutt’oggi. La serie tv “Ratched” ne è la prova: spin-off distribuito da Netflix incentrato sul personaggio dell’infermiera, talmente ben costruito e crudele da meritarsi un’opera tutta sua. Ciò che mi ha colpito quindi, è proprio la stupenda caratterizzazione di tutti i personaggi, alcuni rimasti addirittura iconici ed entrati nell’immaginario collettivo: Billy il balbuziente, il Grande Capo indiano. il sig. Martini (Danny de Vito) e molti altri. Non c’è uno che non mi abbia suscitato una forte emozione nel vedere il suoi personale arco narrativo o scene in cui è presente. E questo non accade in tutti film.

La narrazione, benché principalmente impostata su un contesto drammatico, è alleggerita da una commedia molto naturale, basata più che altro sull’innocenza e le conquiste dei pazienti, figure per cui tifiamo fin dall’inizio grazie alla loro caratterizzazione simpatica. Il ritmo degli eventi è sostenuto, non troveremo scene silenti o introspettive, anzi il dialogo è costante per tutto il film. La forza enorme di tutta la storia si basa sull’empatia dei personaggi. L’odio che si crea in noi nei confronti dell’infermiera e degli altri membri dell’ospedale psichiatrico è compagno della tematica critica su cui vuole fare leva il regista che, oltre ad riuscire benissimo attacca è anche un problema realmente esistente. Quel che Randy cerca di dimostrare col suo ruolo è che queste persone considerate alla stregua di oggetti non sono neanche lontanamente folli e pericolosi come quella società voleva far credere e dimostrando che possono vivere esattamente come gli altri (vedasi scena in barca) senza dover essere limitati da quattro mura bianche o imbottiti di farmaci. Il film riesce in tutto, anche la colonna sonora accompagna le situazioni elevandone nei rispettivi momenti, sia drammaticità che gioia, ma non ottenne l’Oscar in quanto quell’anno John Williams creò l’indimenticabile motivetto dello “Squalo” di Spielberg.

In conclusione, “Qualcuno volò sul nido del cuculo” riesce a far riflettere e illumina su certi aspetti e realtà che quasi mai arrivano al grande pubblico. Una tematica che sensibilizza, tragica ma che addirittura diverte e che personalmente mi ha lasciato dentro sia un grande vuoto, sia una sorta di gioia o forse speranza che ormai mi porto addosso da qualche ora. Una visione e quindi anche un esperienza che consiglio a tutti.

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