“Testimone d’accusa” (1957) di Billy Wilder

Questa è una delle pellicole che mi fa dire, mamma mia che film! Tante sono state le trasposizioni cinematografiche dei racconti di Agatha Christie, ma nessuna supera quella di “Witness for the Prosecution”, in originale, diretta Billy Wilder. Il motivo principale è che ha una sceneggiatura solidissima nella quale tutti gli elementi si incastrano tra loro come in un puzzle e ha delle scene talmente buffe o emozionanti, che restano impresse nello spettatore.

L’opera tratta principalmente di un giallo. Un caso giudiziario dove un uomo è incolpato della morte di un anziana signora. Premetto che almeno la metà della narrazione si svolgerà all’interno di un aula di tribunale. Questa prospettiva che può sembrarvi pesante e noiosa è però alleggerita da una ben dosata componente comica. Principalmente tutta l’ironia girerà intorno all’avvocato della difesa e alle sue vicissitudini circa il periodo di guarigione imposto dalla sua infermiera pedante. Non potrà bere, non potrà fumare sigari. Io ho empatizzato con i personaggi fin da subito. La costruzione di ognuno è ampissima e permette un’infinità di dettagli, anche indizi, che spostano in continuazione le accuse durante il processo e che generano svariati colpi di scena. Tutto questo mi ha trasportato dentro lo schermo e la sua visione è stata appassionante e divertente. Merito anche della regia che nelle sequenze in aula usa inquadrature da angolazioni innovative e efficaci per enfatizzare la scena. Quando poi la storia entra nel vivo del processo, le continue rivelazioni arrivano a creare tensione, toccando punte di thriller, in quanto, avendo empatizzato con i protagonisti cominciamo a temere per loro. L’intrigo è appassionatissimo.

Nel cast troviamo Tyrone Power, Marlene Dietrich, Charles Laughton tutti e tre grandi nomi del passato e vi assicuro che le loro interpretazioni saranno di una modernità assoluta. Il film è in effetti innovatore per la sua epoca tanto da essere riconosciuto come pietra miliare del cinema. Motivi principali, la sua fruibilità e leggerezza nonostante la forma e la tematica.

In questo film funziona tutto. Una sceneggiatura precisa e ampia, una regia che la racconta in modo fruibile, leggero ed emozionante. Di nuovo l’unica cosa che può frenare però, è la maledetta pellicola in bianco e nero. Il più grosso ostacolo di tutti gli appassionati di cinema. Però vi faccio una confessione, di tutti i film che ho visto in bianco e nero, neanche uno sarebbe stato meglio se fosse stato a colori. Ritengo che il bianco e nero non debba essere considerata una necessità del passato, ma più come uno stile. Vederla in quest’ottica, può aprire la strada ad altri film appassionanti come questo. Un’opera che regala tanti colpi di scena sorprendenti, se sole le si da fiducia.

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