Nosense, satira e flussi di coscienza, ovvero: I Monty Python

Introduzione:

Qui in Italia, di ciò che è internazionale abbiamo tutti notato che diventa degno di nota solo il prodotto commerciale, o in alcuni casi quello che diventa cult o comunque, estremamente mainstream. Il tutto, solo nel momento in cui tale opera cavalca l’onda, poi svanito il successo iniziale si passa al prossimo e tutto il resto rimane nell’ombra. Non voglio parlare di film stavolta, bensì di serie tv, una serie tv inglese che è il Monty Python Flying Circus. In realtà essendo una serie satirica sulla politica, il buon costume o comunque il mondo inglese in generale, anche se di riflesso è una satira internazionale, posso capire perché in Italia non avrebbe senso farla conoscere. Resta il fatto però, benché sia satira, rimane un programma televisivo comico, e le sue gag svariano su tutte le più generiche tematiche. Vista l’importanza rivoluzionaria e riconosciuta che ha avuto in tutto il mondo, mi infastidisce quando vedo che nel nostro paese non sono mai stati nemmeno citati o presi in considerazione, se non in rarissimi casi. Quindi in realtà sto facendo questo video solo per togliermi il fastidio di dosso che è derivato anche dal fatto che sul web non c’è praticamente quasi nessuno, in italia, che parla di loro o che li presenta e tenta di farli conoscere. Sto parlando al plurale perché il Flying Circus è il programma televisivo, i Monty Python invece sono il gruppo comico che lo ha fatto. Il gruppo più geniale ed irriverente di comici e per me sarebbe anche il più divertente se non ci fossero Stanlio e Ollio. Piccola premessa, proprio perché in Italia non ci fu mai troppo interesse a distribuirli, i doppiaggi italiani delle loro opere sono quasi sempre pessimi. Io consiglio di vederli in lingua originale, sottotitolati, perché la comicità funziona meglio e non è rovinata dal pessimo doppiaggio italiano. La serie del Flying Circus la potete trovare su Netflix!

La formazione e l’inizio:

Ma cominciamo a parlarne: il gruppo è formato da sei membri. John Cleese, Graham Chapman, morto nel 1989, Eric Idle, Terry Jones, morto nel 2020, Michael Palin e Terry Gilliam. Tutti comici, apparte Gilliam che avevano già lavorato in televisione ma comunque, molto giovani e ad inizio carriera. Nel 1969, la BBC, chiese a John Cleese di realizzare un nuovo programma televisivo, contando sul suo aspetto autoritario e formale che tanto piaceva al pubblico inglese. Cleese però, accettò solo alla condizione che venisse scelto anche Chapman con cui già collaborava. Alla BBC però interessava Palin e questi si portò dietro Jones, anche loro due scrivevano sempre di coppia e conoscevano Idle. Tirarono dentro anche lui che a sua volta propose e insistette su Gilliam. Quindi ecco che tutti e sei i Python erano finalmente insieme. In realtà, già si conoscevano indirettamente, ma la prima volta che lavorarono in collaborazione fu dalla fondazione del Flying Circus. Come disse Jones in uno spettacolo live ad Aspen, la BBC chiese loro di trovare un titolo al programma televisivo. Gli piaceva “Flying Circus” che però doveva essere attribuito a qualcuno, e quindi dopo vari tentativi trovarono Monty Python. Ipotetico borghese inglese che richiamava il significato dell’agente dello spettacolo o comunque della figura di potere manipolatrice e viscida come un serpente.

L’idea:

La caratteristica dei sei, con la quale avevano già trovato difficoltà produttive, era la capacità e l’interesse di scrivere sketch e gag che andassero fuori gli schemi convenzionali della comicità che veniva distribuita e che la BBC preferiva perché portava guadagno sicuro. Uno degli schemi classici, se ci pensate, è lo sketch con battuta finale. Infatti se ci si pensate, tutte le storielle divertenti, barzellette o scene comiche devono avere una battuta finale altrimenti non funzionerebbero. E questo ha senso, ma sappiate che il problema dell’autore comico a volte è proprio quello. Riuscire a trovare una battuta finale che racchiuda il senso dello sketch. Tutti i comici del mondo scartano materiale e scene comiche divertenti solo perché non riescono a trovare un’appropriata battuta finale. Ma fortunatamente, è il momento del colpo di genio che risolve quest’ultimo problema e che dà il via al programma e alla struttura che avrebbe avuto. Esiste una tecnica narrativa e dialogica che si chiama flusso di coscienza, che era già stata usata da Spike Milligan nel suo show ”Q”, e consisteva nel non chiudere lo sketch, ma di unirne due insieme, e una volta arrivati alla conclusione del primo, attaccarlo con un filo narrativo all’altro così da risolvere la mancanza di battuta finale e permettendo di non scartare materiale divertente. Ora, se gli sketch sono troppo diversi, è chiaro che il problema sta nel trovare un link, un collegamento tra i due che sia sensato, quindi non possono venir uniti sketch troppo diversi. Ma in realtà la comicità nosense era già nata ed era quella che i Python ricercavano, e siccome tante gag e scenette erano già surreali e pazze di per se, allora collegare due sketch con un “link” nosense funzionava, e alla grande. Ho ridotto molto il concetto, ma più o meno è cosí. Quindi possiamo ben vedere che già che due elementi della comicità dei Monty Python hanno preso forma. Manca l’elemento principale e sarà la satira, che su quella non ci si sbaglia mai, ed ecco che il Flying Circus ha dettato le sue regole e le sue intenzioni.

Il Flying Circus: 1969 – 1973

I sei erano riusciti a tirare su un struttura per un programma televisivo che fosse senza dubbio originale, irriverente, e inoltre poterono inserire tutte il materiale che nelle precedenti produzioni li era stato fatto scartare, affermando la comicità nosense e introducendo pian piano il tanto odiato black humor. Se la struttura erano sketch legati da flussi di coscienza nei quali il contenuto si alternava e mischiava tra nosense e satira, spesso uniti anche insieme, la forma, derivante da un presupposto satirico era quella di duplicare i convenzionali programmi televisivi inglesi, talvolta telegiornali, talvolta documentari, talvolta addirittura film ma anche situazioni della vita comune svariando in tutti i generi e sfruttando la tecnica narrativa della sospensione dell’incredulità. Cioè inserire elementi che ci facciano accettare la componente surreale e fantasiosa della pellicola, perché solo una volta accettata e contestualizzati ad essa possiamo riderci sopra. Per farlo, i Python si servono spesso della meta-narrazione, ovvero mostrarci una scena e farci entrare nelle sue logiche e poi ribaltarle. Farò un esempio: nei panni di un colonnello militare, Graham Chapman entra in stanza, ferma lo sketch e manda via la troupe televisiva che sta filmando la scena affermando che questa è troppo stupida. Le tecniche metanarrative, metacinematrografiche o metatelevisive portano lo spettatore ad estraniarsi da ciò che sta vedendo, alterando la percezione del realismo di una scena e rendendolo surreale, ma sensato, e in questo caso divertente. Provo a farvi un esempio: state guardando un film, ma avete buon occhio e vi accorgete che in un riflesso di un vetro della stanza in cui è girata la scena, si vede l’operatore di macchina che tiene in mano la cinepresa. Improvvisamente uscite dalla realtà filmica e la scena che stavate vedendo perde forza. Smettete di credere e sentire affinità con i personaggi perché all’improvviso, per colpa del maledetto vetro della finestra, siete usciti dallo schermo. Tutti insieme vi ritrovate nella vostra camera quando fino ad un secondo fa stavate vivendo una storia fantasy magari, o qualsiasi altra cosa. Questo per un film è un problema. Ma i Monty Python invece, vogliono che noi stiamo fuori dalla narrazione e lo fanno, ad esempio, proiettandoci prima in una scena, e poi quando questa diventa troppo stupida, inserendo personaggi o elementi che ci ricordino che noi siamo davanti ad uno schermo. Per farlo occorre quindi utilizzare elementi che all’interno della scena che stiamo vedendo non c’entrano assolutamente nulla (nosense) ma che ci sorprendono anche all’occhio e ci catapultino in una realtà surreale. La contrapposizione delle due realtà ci farà sicuramente ridere. Il colonnello di Chapman che mette fine allo sketch o Terry Gilliam vestito da cavaliere che brandisce un pollo sono solo due degli esempi che li permetterono questo.

Mi rendo conto che siamo sfociati un po’ troppo nel tecnico, ma era necessario per presentare i Monty Python per quello che realmente sono senza farli vedere. Torniamo alle storie degli sketch. Queste mostrano anche situazioni quotidiane. Metodo applicato dalla coppia Cleese Chapman, che vogliono prima mostrarci una situazione normale che piano o all’improvviso sfocia nella follia. Palin e Jones invece preferivano il contrario, meglio partire da situazioni già fuori di testa fin dall’inizio e con qualche gag fisica. Elenco alcune ambientazioni per farvi avere un idea. Assisterete a scene di chiacchierate colloquiale tra due casalinghe, a scene in cui si tenta di arruolarsi in un esercito, a servizi giornalistici sui barattoli da dispensa durante un bombardamento, a concorsi dove i concorrenti devono riassumere tutto Proust in quindici secondi. Oltre a questo è tutto un giocare sul ribaltamento di luoghi comuni o il richiamare sketch precedenti nei successivi. Tutte novità per la televisione inglese e quella internazionale dopotutto, che mai avevano assistito a qualcosa del genere.

Citando un po’ del loro “best of” non può mancare “Il ministero delle camminate beote”, dove il nostro protagonista chiede un sussidio per la sua strana camminata sincopata, ma non lo riceve perché questa non è sufficientemente beota, oppure lo sketch del pappagallo, in cui Cleese, il cliente, contesta il fatto che l’animale comprato fosse già morto al momento dell’acquisto, e Palin, il negoziante che inventa scuse inimmaginabili, portando il primo all’esaurimento con conseguente interpretazione sopra le righe e nascita di tormentoni. Tormentoni che nascono anche nello sketch dello spam, nel quale in un ristorante si serve tutti piatti a base di spam, una marca di carne in scatola realmente esistente che viene ripetuta così tante volte come ingrediente tanto da dare il significato attuale e che tutti conosciamo alla parola (spam = informazione inutile… ecco perche nelle caselle di posta viene subito scartata).

Non sono soltanto le situazioni a lavorare sul comico. I Monty Python, dovendo fare satira, si rifacevano a personalità dello scenario inglese. Quindi ciò che rimane del loro lascito sono anche personaggi folli e surreali, a volte stereotipi che vivono in un Inghilterra unica nel suo genere. In un mondo dove il flusso di coscienza permette citazioni a sketch passati in altri sketch, si crea nient’altro che una sorta di universo Pythonesque surreale, cattivello, spregiudicato e completamente fuori di testa. In poche parole, la loro firma incomincia a sentirsi, il loro nome acquista importanza e ciò che succede è che inventano a tutti gli effetti un genere che è solo loro e che influenzerà la comicità successiva, guadagnandosi un posto accanto a Chaplin, Keaton, i fratelli Marx, e Laurel and Hardy.

I Personaggi:

Tra i vari personaggi dei Python, troviamo giornalisti, casalinghe, avvocati, poliziotti, impiegati, lavoratori, conduttori, politici e in realtà un po’ tutto ciò che serve quando gli serve. Tra i personaggi più utilizzati e iconici troviamo il presentatore (Cleese), che con la voce pacata e formale che si contrappone all’idea stessa di tutto il Flying Circus annunciando “e ora qualcosa di completamente diverso”, prima della sigla e parodizzando i colleghi della BBC che avviavano i programmi in questo modo. Il disturbatore (Eric Idle), che appare negli sketch offrendosi di interromperlo per sole cinque sterline. O i mafiosi (Palin e Jones). Spesso i Python si dilettano anche in canzoni, che abbia senso o meno all’interno dello sketch poco ci importa. Degna da citare la canzone dei soldi. Un esempio eccellente di satira verso il bisogno, e la ricerca sfrenata che l’uomo e la società hanno dei soldi. O magari la canzone del taglialegna che affonda attraverso il nosense e la pazzia di un barbiere omicida nella tematica dell’omosessualità, temuta e fastidiosa per l’epoca.

Conclusione:

E ci sarebbe tanto altro da dire, tanti altri sketch memorabili che più di altri hanno rinnovato la comicità non solo nel come far ridere ma anche di come farlo con intelletto. Si perché quella dei Monty Python è chiaramente una comicità intellettuale, che qualche volta ammetto possa essere complessa perché incentrata su fatti sia passati sia dello specifico mondo britannico che non possiamo conoscere e che possiamo non capire a pieno, ma comunque, tutto il resto sfora in gag fruibili, mai becere, e se lo diventano è solo appunto, per satira. Si può trovare di tutto nei Monty Python, il loro repertorio è vastissimo. Fatto di 4 stagioni per un totale di 45 episodi, dove nell’ultima manca, e si sente, la presenza di John Cleese, non tanto per la sua abilità maggiore ma piuttosto perché i Monty Python, e tanti sketch ne sono la prova, danno il meglio di se quando sono tutti e sei. Difatti gli sketch più riusciti sono quelli in cui tutti i componenti sono presenti, in cui le gag raggiungono il top della loro essenza e comicità. Nel loro gruppo infatti, c’è un alchimia ben precisa e questo è essenziale a spiegare il loro successo internazionale per primo e la loro genialità per secondo, mai frenata dalle convenzioni nè da loro stessi, in quanto tutti fortunatamente avevano lo stesso senso dell’umorismo.

I membri:

Da sinistra verso destra: Terry Gilliam, Terry Jones, John Cleese, Micheal Palin, Graham Chapman ed Eric Idle.

John Cleese era la personalità forte, sempre in contrasto con quella del compianto e scomparso lo scorso anno Terry Jones. Uscito dall’università di Cambridge insieme al collega Graham Chapman, è il componente del gruppo con il fisico slanciato e dalle interpretazioni sopra le righe. Se non si conta Gilliam, è stato quello con la carriera più prolifica e che per la sua capacità attoriale è forse il membro di Monty Python più iconico.

C’era poi come dicevo Graham Chapman, con la sua personalità mite, i suoi problemi con l’alcolismo. Si dichiara omosessuale poco tempo dopo l’inizio dell’avventura con i Python, ed era una cosa malvista si sa di quei tempi. Interpreta spesso personaggi femminili, come non potevano giocarci sopra, o meno folli per il suo aspetto e personalità ordinari. Ma anche lui si ricorda per personaggi fuori di testa. Era molto abile a trovare il divertente nelle situazioni, e spesso accadeva che dava l’idea o il tocco magico che dava maggior forza allo sketch.

Eric Idle, che come Terry Gilliam era quello lasciato un po’ più in disparte nel gruppo, in quanto Chapman e Cleese e Palin e Jones scrivevano di coppia. È il membro che preferiva una comicità dialogica, dove è la parola e il discorso stesso che viene fatto a suscitare ilarità. Vedasi il suo personaggio di Mr. Smoketomuch, che fa uno sproloquio infinito sul perché odia i pacchetti di viaggi vacanze già offerti dai servizi. E il sarcasmo è la tecnica comica di cui fa usò più spesso, indimenticabile nei ruoli del conduttore televisivo spietato e infimo. Si fa autore anche delle canzoni che spesso vengono cantate nello show rimaste memorabili così come quelle dei loro film.

Terry Jones era la personalità più forte insieme a quella di Cleese, tant’è che nella quarta stagione, dove Cleese scelse di non partecipare benché sia di soli sei episodi si sente la firma e la personalità invasiva di Jones negli sketch, che hanno di base quasi sempre una contestualizzazione assurda. Questi poi puntava molto all’uso di costumi, nel lavoro al montaggio e sulla pellicola, a cui si è sempre interessato fin dalla prima stagione. Esce da Oxford insieme al collega Palin e fu il Python che propose l’idea del flusso di coscienza, molto interessato alla struttura e la forma che il programma Flying Circus doveva avere.

Michael Palin era l’elemento collante tra le varie personalità dei Python e il più versatile artisticamente. Sia per la vastità e la varietà di personaggi che arriva ad interpretare sia per lo stile di scrittura, che era quasi sempre in coppia con Jones. Questo fa sì che sia il Python più utilizzato nello show se si va a tirare le somme, vista la facilita che tutti trovavano nell’infilarlo nei propri sketch.

Ultimo ma non per importanza quanto per categoria, Terry Gilliam. Che se proprio bisogna dirla tutta, dei sei è stato quello con la carriera artistica indubbiamente più elevata. Anche se il successo è sempre stato suo nemico. Americano, non britannico come i colleghi, entra nel gruppo per ultimo ed è addetto alle animazioni. Si fa padrone e rinnovatore della tecnica del cut-out, che consiste nel ritagliare fotografie o comunque immagini, rincollarle insieme ed animarle. Era anche il modo meno dispendioso all’epoca. Fatto sta che le sue animazioni servono proprio a collegare gli sketch tramite il flusso di coscienza proposto da Jones. La sua comicità ricalca la stessa utilizzata dai colleghi, satira nosense e follia. Gilliam sarà quello che dopo i Python si butterà nella regia cinematografica e diverrà uno dei maggiori registi che ci siano mai stati, con un gusto particolare per ciò che è disgustoso. Sarà il membro che quasi mai reciterà negli sketch ma che appare per pochi secondi nei personaggi più folli, deplorevoli e fastidiosi, sia nel Circus che nei film. Vedasi Kevin, il flatulento dell’ultimo episodio della quarta stagione, la checca, il cavaliere che brandisce il pollo. Nella regia svaria sulle tematiche, la distopia e la fanciullezza, psichedelia pura, e dell’unione unica che riesce a fare di tutti i tipi di elementi visivi. Dal pop al classico, dal kitsch alla raffinatezza, il bello e il brutto. Tra i suoi film si ricorda Brazil, capolavoro indiscusso e affermato, Paura e delirio a Las Vegas, viaggio psichedelico con un Johnny Depp in partissima, a Tideland, una versione triste e tutta personale di Alice nel paese delle meraviglie, il Barone di Munchausen, dove realtà e finzione, teatro e vita si uniscono in un opera meta-cinematografica, l’esercito delle 12 scimmie ecc…

I film:

Quando le idee per il Flying Circus erano ormai finite i Python tentarono il grande salto verso il cinema. Nel 1971, era già uscito “E ora qualcosa di completamente diverso” film che racchiudeva una selezione dei migliori sketch della prima e della seconda stagione, girati nuovamente e collegati sempre da animazioni di Gilliam o comunque dal flusso di coscienza. Ma non andò troppo bene al botteghino, nonostante ci fu un minimo guadagno, il punto era che il cinema è un mezzo diverso dalla televisione. Quindi più che una struttura a sketch ci vuole una storia.

I Monty Python e il Sacro Graal: 1975

Nel 1974 i sei riescono a trovare un budget sostanzioso ma che non è sufficiente a realizzare un film in costume, anche soltanto per la presenza di cavalli, visto che si tratta di una storia medievale. Ma si sta parlando dei Monty Python e i cavalli vengono sostituiti da delle noci di cocco. Nella prima scena, vediamo Artù, interpretato da Chapman, cavalcare il nulla mentre dietro di lui un Terry Gilliam ingobbito fa sbattere due noci di cocco simulando il rumore degli zoccoli. I due arrivano nei pressi di un castello e richiedono di parlare con il sovrano, ma i cavalieri di vedetta sembrano più interessati a contestare l’utilizzo delle noci di cocco. Questo incipit già presentava tutto lo spirito dei Python. L’approccio che già avevano avuto nel Flying Circus sarà anche quello di questo film. I due Terry, Gilliam e Jones decidono di mettersi insieme alla regia, questo causerà divergenze nel loro metodo lavorativo, sebbene entrambi abbiano punti in comune come quello di ricreare nel modo più realistico possibile il medioevo rappresentato, mostrando ambientazioni sporche, la mancanza di igiene, il tutto prendendo spunto dal capolavoro di Pasolini “I racconti di Caterbury”. Molto vocativa infatti la scena della peste, dove Idle passa con un carretto e accumulandoci sopra i vari morti giornalieri, finché Cleese non prova a rifilargli un poveretto che si lamenta in quanto ancora vivo in saluto. I due registi inoltre, danno il proprio tocco fantasy all’opera. Entrambi infatti lavoreranno molto nel genere fantasy nelle loro opere extra Python. La trama è quella del Sacro Graal a tutti gli effetti. Ci sarà una prima parte dove Artù recluterà i propri cavalieri della tavola rotonda, Lancillotto (Cleese), Galahad (Palin), sir Robin (Idle), Sir Bedevere (Jones) che nella seconda parte, lo accompagneranno alla ricerca appunto del manufatto sacro. Ovviamente i sei interpreteranno anche ruoli diversi durante la pellicola. Il film è infatti pieno di personaggi e benché la narrazione si una, la struttura ricorda quella di una sequenza di sketch. La satira e il nosense sono gli elementi da cui parte il comico così come era nel Flying Circus. Un esempio è la scena tra Artù e il popolano. Il primo reclama il suo comando sulla Britannia in quanto è stato prescelto dalla magica fanciulla del lago ricevendo da lei Excalibur. Il secondo ribatte dicendo che strane donne che sguazzano nei laghetti e distribuiscono spade non sono la base per un sistema di governo. Capite che la regina si deve essere messa le mani nei capelli quando ha visto il film. Memorabile la scena del cavaliere nero dove lo splatter viene messo in chiave comica e nonostante questi sia stato mutilato nello scontro con Artù insiste fin dal primo braccio mozzato a continuare lo scontro con frasi del tipo: “è solo un graffio”. L’elemento surreale e meta-cinematografico raggiunge il massimo quando uno storico riassumerà le vicende del film ma viene decapitato da un cavaliere di passaggio. Qui la realtà filmica e quella meta-cinematografica si uniscono ed ecco che la polizia, chiamata dalla moglie dello storico comincerà a muoversi nei set del film con lo scopo di arrestare i protagonisti.

Brian di Nazareth: 1979

Nel 1979, dopo molto tempo passato alla lavorazione della sceneggiatura i Monty Python ottengono il budget necessario a girare un altro film in costume, ma questa volta ci vogliono molti più soldi. Prima partono da una sceneggiatura satirica sulla figura di cristo, quando però i sei si rendono conto che non trasmetterebbero il messaggio giusto, rilavorano sulla cosa finché il messaggio critico si sposta dalla religione alla chiesa. E’ quest’ultima quella che viene criticata. Citando le loro parole: attaccare chi sceglie di utilizzare il nome di Cristo per prendere decisioni sulla vita di altri. Ed ecco che nasce Brian di Nazareth. Regia stavolta solo di Jones, per evitare i problemi del sacro Graal, e Gilliam che si occupa di costumi scenografie e location, più una parte particolare del film. Ma siccome la satira fa paura alla produzione, questa decide di tagliare i fondi ai nostri sei eroi che ripiegano su George Harrison, membro dei Beatles e grande amico di Idle che decide di finanziare lui il film guadagnandosi un piccolo cameo di qualche secondo. Chapman ottiene di nuovo il ruolo del protagonista, Brian, uomo qualunque quella Palestina, che mentre è in fuga dai soldati romani per essere un rivoluzionario contrario all’impero, viene scambiato per il messia, quando si finge profeta in mezzo ad una folla per non farsi vedere dai centurioni. La satira alla chiesa raggiunge livelli altissimi. In tutto il mondo subì decine di attacchi dalla chiesa che lo riteneva blasfemo. In Italia uscì solo nel 1991, dodici anni dopo la sua uscita ufficiale. Gli altri Python interpretano ruoli vari in base alla scena, Cleese figura come capo rappresentante del fronte popolare di giudea, comitato ribelle di cui Brian farà parte. Palin sarà un Ponzio pilato con la r moscia. Jones Interpreterà la madre di Chapman, disgustosa, perfida e violenta nonché prostituta. Idle interpreterà personaggi come Loretta, il membro del fronte popolare di giudea che si riconosce in una donna, ma anche il commerciante di barbe finte, senza le quali le donne non potrebbero partecipare anche loro alle lapidazioni e tanti altri… Gilliam, invece, sempre a suo agio nei ruoli vomitevoli. Ripeto sempre che raccontare film comici ha poco senso, io vorrei dirvi che a metà film degli ALIENI subentreranno in scena in un inseguimento tra le stelle, ma non lo farò perché non voglio rovinarvi la sorpresa. Sperando che questa breve presentazione vi abbia fatto avere un idea del film, delle sue tematiche e di come si muove su di esse fino al finale con una canzone meravigliosa e rimasta cult, passiamo al loro ultimo film.

Monty Python – Il senso della vita: 1983

Prendete tutto ciò che avete visto fino adesso, l’essenza di ogni singolo Monty Python, le loro logiche, il loro stile, la loro irriverenza, metteteli in un frullatore ed ecco “il senso della vita”. Il film meno digeribile dei Python per tematiche, surrealismo e messa in scena. Il grottesco è dietro tutte le scene. “Il senso della vita” è i Monty Python. Il film si divide in vari atti, ognuno dei quali è comprensivo di vari capitoli. Questo non è un film, è un esperienza. Mai i Monty Python erano stati così cattivi nel fare comicità. Il black humor è orma il consolidato, e loro lo hanno portato a braccetto per tutta la sue crescita facendolo conoscere al pubblico. Il film è il concentrato di tutto il loro stile. La regia va di nuovo in mano a Terry Jones ma Gilliam si riserva una parte per se stesso all’inizio del film e a metà. Ciò a cui che assistiamo per primo è il mini film Crimson Permanent Assurance, dove un gruppo di impiegati anziani e maltrattati si ribella ai suoi giovani capi d’azienda e con il palazzo degli uffici, levano l’ancora, letteralmente, e salpano per i mari delle assicurazioni dando guerra a multinazionali spietate come quella da cui loro provengono. Inizia così “il senso della vita”. Dei pesci con il volto dei Monty Python, in un acquario di un ristorante raffinato rappresentano anche loro gli spettatori e commenteranno il film nell’attesa che venga svelato il fatidico scopo della nostra esistenza. Da qui in poi è una serie di capitoli dove la tematica di fondo sono le sette fasi della vita di un uomo, secondo i Monty Python: nascita, crescita, combattersi l’un l’altro, mezza età, trapianto di organi vivi, gli anni del declino, e morte, riassunte nel modo più grottesco e folle che ci poteva essere. Si passa da ospedali dove il paziente è l’ultimo ad essere preso in considerazione, a lezioni di sesso in aula dove gli studenti non sono interessati, a uomini che scappano inseguiti da centinaia di donne nude, ad una scena in cui la morte fatica a farsi prendere sul serio ad una cena tra borghesi. A metà film, la Crimson Permanent Assurance e il suo equipaggio torneranno abbordando un’azienda che sta avendo una discussione sul perché gli uomini non portano abbastanza cappelli. Assisteremo poi a trapianti di organi in una scena splatter, canzoni memorabili come la “Galaxy Song” che ci spiega quanto la nostra vita sia rara e miracolosa di fronte alla vastità dell’universo e “Every spermi is sacred” dove dei cattolici cantano allegramente di non spargere invano il loro seme. Nel suo insieme, tutto offre una parvenza di narrazione unica, benché la struttura sia a sketch. Difatti, i pesci nell’acquario cominceranno ad essere impazienti vista l’attesa di conoscere il senso della vita, quand’ecco che una presentatrice (Palin), aprirà una busta con la risposta che tutti cerchiamo quasi fosse una puntata di un talent show.

Questi sono i Monty Python. Secondo me autori che hanno fatto della commedia la vita stessa, riuscendo a farci ridere di ogni cosa sfondando le barriere della morale. Forse sono state le figure da cui più ho imparato per come mi hanno aperto la mente. Non potevo convivere con il fatto che in Italia li conoscano in pochi, perciò ho dovuto parlarne. Mi sono dilungato tanto, spero di avervi suscitato curiosità e che le banane abbiano conquistato il fronte un paio di sandali alla volta, ma ora… qualcosa di completamente diverso. Anzi no, vi lascio con una loro clip un po’ cattivella tratta dal loro ultimo spettacolo live del 2014, nel caso in cui ci sia qualche curioso che ha trovato interesse in questo mio articolo e magari vuole dare un occhiata ai loro sketch. Buona visione e grazie come sempre per aver considerato per qualche minuto (troppi stavolta!) questo povero scemo. Alla prossima.

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