Il 14 maggio è uscita la seconda stagione di Love Death + Robots, serie distribuita da Netflix che nel 2019 aveva fatto un successo clamoroso per come si era distinta. 18 episodi che duravano dai 6 ai 17 minuti e che incuriosì perché l’algoritmo della piattaforma streaming proponeva un ordine delle puntate diverso in base alle nostre attività, nel tentativo di darci una visione più personale e più adatta ad ognuno di noi. Tranquilli, gli episodi sono tutti scollegati narrativamente uno dall’altro quindi non c’è il rischio di non capirci niente. Ma il marchio di fabbrica che più di ogni altra cosa aveva stupito, era che tutti gli episodi avevano la peculiarità di essere originali sia per forma che contenuto.

Passavano da storie oniriche a mondi futuristici, ma anche passati, combinando vari generi, soprattutto fantascientifici, tra cui il cyberpunk e una fantascienza più classica. L’action era una componente di molto puntate, così come la grande forza drammatica e/o horror che le caratterizzava. Quello che notavo più di altro però, era che sebbene tutti gli episodi fossero brevissimi, riuscivano comunque a trasmettere molta emotività, e non è facile visto che la durata di ogni puntata era sotto la media standard di 20 minuti. La prima stagione è stata senza dubbio innovativa e ha alzato l’asticella qualitativa di tutte le serie animate che vennero dopo. Love Death + Robots è infatti una serie animata che con prepotenza si mette al di sopra di tutte le altre e spinge il mercato a definire una sua nuova direzione. Personalmente, toccava l’apice e definiva il suo stile con gli episodi meno convenzionali, ad esempio quello in cui lo yogurt conquista il pianeta dove la critica politica è messa in chiave molto buffa o quello di Zima Blue, vignetta filosofica su un pittore con un passato molto particolare e che ci fa riflettere sull’esistenza. E se i contenuti, si alternavano nelle 18 puntate tra generi e tematiche, la forma raggiungeva un livello elevatissimo. Love Death + Robots è una serie che ha stupito infatti anche per la sua grafica, diversa ogni puntata, passando dal cartoonesco ad un realismo quasi perfetto. Il successo che ha ottenuto perciò, era indubbiamente meritato. Consiglio la visione del trailer, o magari di buttarvi direttamente su qualche puntata di quelle più brevi. Vi ruberà appena dieci minuti e se sono fortunato, vi introdurrà a qualcosa di molto nuovo e sorprendente.
La seconda stagione ugualmente, vive delle stesse cose. 8 puntate anziché 14 le cui durate sono questa volta più omogenee, circa 12 minuti ognuna. La prima stagione però, anche grazie al maggior numero di episodi, dava un ampiezza di tematiche, contenuti e generi maggiore. La seconda è in questo limitata. Un problema consistente quindi, ma solo se si vuole fare una comparazione di questo tipo. La stagione è comunque molto ben fatta, la grafica tocca in varie puntate livelli che mai si sono visti prima. Spesso si fa fatica a capire se sullo schermo sono attori o disegni da quanto i dettagli, le luci e i colori sono perfetti. Anche questa volta il dramma e l’action sono più o meno in tutte le puntate e gli stili di disegno, anche quelli più semplici, sono gradevolissimi. Ciò che è mancato è lo stupore. Forse è una cosa molto soggettiva, ma quando uscì la prima stagione nessuno aveva mai visto una cosa del genere, quindi forse sono partito con aspettative troppo alte, fatto sta che la seconda non riesce ad avere la stessa forza che rendeva memorabili alcune puntate. Quello che penso è che la qualità narrativa e poetica dietro le puntate non è allo stesso livello di quella della prima stagione ma questo, vi assicuro, non significa che siamo di fronte ad un brutto prodotto. Forse la prima stagione, aveva raggiunto veramente una vetta troppo alta per poter essere eguagliata. Ma fidatevi, ce ne fossero di seconde stagioni come questa. Di nuovo ci meraviglia con la sua forma grafica sempre diversa e particolarissima, quasi dipinta in una puntata è ultra realistica in un altra. Non manca la critica sociale all’uomo che sta dando e rischia di continuare a dare troppo fiducia nelle macchine e nella tecnologia, tematica già presente nella prima stagione così come non manca la filosofia di Zima Blue, nella puntata del gigante annegato, dove di nuovo, si riflette sull’esistenza. La serie è prodotta da Tim Miller, il regista di Deadpool e da David Fincher, regista di film come Fight Club, il curioso caso di Benjamin Button, Zodiac e the Social Network. Quindi gente di mestiere e a cui consiglio di dare fiducia.
Quello che ci tengo a dire avendo premesso lo stile, la forma e i contenuti di questa serie, è che ogni puntata, in qualche modo, che sia della prima o della seconda stagione riesce incredibilmente a trascinarci. Questo sembrerà banale ma fidatevi, non lo è. È veramente difficile pensare che 26 episodi della stessa serie siano tutti comunque riusciti. Non ce neanche una puntata che non funziona. Ognuna ha almeno una peculiarità che la distingue dalle altre e che ci colpisce. Che sia attraverso la tragedia, l’orrore o l’ironia non importa. Forse solo una puntata non funziona, ma prende per i fondelli Hitler quindi non mi sento di parlarne troppo male. In conclusione è una serie che consiglio di guardare perche si allontana così tanto dagli stilemi delle serie a cui siamo abituati pur rimanendo fruibile e visivamente splendida che è sicuramente degna di nota ed importante per farci scoprire nuovi orizzonti delle serie animate. Io vedo Love Death + Robots come un prototipo, un esperimento per capire la direzione evolutiva delle serie dei prossimi anni, proponendo nuove tecnologie grafiche e tematiche mai affrontate. Un banco di prova per capire se il pubblico è pronto per qualcosa di così tematicamente alto e spesso poeticamente profondo pur rimanendo nella serialità e nell’animazione senza dover necessariamente utilizzare una struttura filmica. Una serie secondo me, già pietra miliare dell’animazione.