Pom Poko è un film che mi ha saziato quanto un piatto stracolmo… ma con calma, ci arriviamo. La pellicola, è un’animazione giapponese prodotta dallo studio Ghibli, già famoso per opere come “La città incantata”, “Il castello errante di Howl” e tanti altri titoli conosciuti ai più.
La storia è quella dei Tanuki e del loro tentativo di salvare il loro habitat naturale, preso di mira dall’industrializzazione degli umani che abbattono alberi e scavano nelle montagne. Nella realtà, i Tanuki sono simili a procioni. Animali che nella cultura popolare giapponese, oltre a far parte della mitologia, vengono descritti come creature mutaforma la cui particolare caratteristica è essere rappresentati con dei testicoli enormi. Non ci crederete mai, ma il film gira anche molto intorno a questo strano aspetto, essendo i testicoli stessi un po’ il fulcro dal quale deriva il loro potere del trasformismo. Perdonatemi la premessa: benché nella nostra cultura questa particolarità del film potrebbe suonarci volgare o se non altro demenziale, sappiate che è narrata e rappresentata in modo talmente fiabesco e innocente che non disturba affatto e, se la si accetta, si avrà solo che da guadagnare.
Come visto sopra, l’ambientalismo è la tematica principale che sta a cuore al film e allo studio Ghibli, infatti tale argomento è affrontato in molte sue opere. Accompagnati da una voce narrante, e da una forma che in alcuni momenti ricalca quella documentaristica, i nostri buffi Tanuki, spinti dai saggi della loro comunità, decidono di riunirsi e riscoprire ciò che la loro specie aveva abbandonato da tempo, ossia il trasformismo; capacità di trasformarsi in ogni cosa esistente, così come il folklore giapponese effettivamente racconta. Il loro scopo sarà quello di affinare tale arte, al fine di poterla utilizzare per scacciare gli umani dai boschi e dalle montagne. Ciò che è interessante, è come la motivazione che spinge i personaggi sia, prima il sentimento verso la natura, poi il gusto trovato nel fare dispetti e spaventare umani. Per i Tanuki infatti, è l’intera razza umana a dover pagare per il disboscamento. Nella loro animalesca innocenza, nasce un sadismo che li spinge più e più volte ad uccidere. I Tanuki non sanno riconoscere che il responsabile della distruzione dei boschi e del territorio è l’industrializzazione stessa, e nella loro ingenuità, percependo gli umani come identità collettiva, scelgono di attaccare i semplici lavoratori innocenti.
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Il film smette quindi di essere una favola per bambini e diventa per adulti, pur mantenendo un’atmosfera bambinesca. Il regista prima ci fa affezionare ai protagonisti e poi ci fa crollare il castello davanti. La società dei Tanuki arriva a dividersi: da una parte c’è chi con mano pesante continuerebbe a fare guerra agli umani, chi invece capisce di dover passare ad altri metodi meno offensivi. Nonostante questo però, la fratellanza e la convivenza tra loro rimane. La differenza di ideali li separa nell’atteggiamento ma non gli spinge a vivere separati. La poeticità del film continua, ed ecco che arriva l’ipocrisia: i Tanuki voglio nuovamente il verde ma loro stessi affermeranno più volte che scacciare del tutto gli umani significherebbe non mangiare più cibo umano come, hamburger e patatine fritte. Il regista mette in scena una storia colma di poesia e autocritica. C’è il surrealismo comico derivato dalle loro trasformazioni e le folli scenette sui testicoli ingranditi: una volta per tappare la vista ai camionisti e farli precipitare, una volta per utilizzarli come mongolfiera. Il tutto è coronato da un atmosfera fiabesca e quasi sempre allegra dove spesso il dramma e alcune scene inquietanti per via del sadismo messo in opera dai Tanuki, ci vengono mostrate senza preavviso in un vortice di emozioni discordanti. Come in tutte le cose così melodrammatiche poi, non manca la rappresentazione del fallimento e della rassegnazione. Uno dei patriarca, di ben 1000 anni di età, sarà il primo Tanuki a cedere agli umani e a realizzare di star combattendo una battaglia persa.
Ci sarebbero moltissimi altri sotto testi presenti nel film ma non vi dirò altro. Ogni aspetto e messaggio dell’opera ci viene presentato fino al limite oltre il quale diventerebbe ridondante. La pellicola infatti pecca un po nella ripetizione di certe situazioni forse, ma quei 10 minuti di lunghezza che ha in più di quanto dovrebbe non danno per nulla fastidio. Minuti in più che servono solo ad arricchire un piatto che comunque già è incredibilmente buono. In conclusione, vi saluto e ringrazio tutti quelli che scelgono di perdere tutte le volte un po di tempo a leggermi parlare di questi film inusuali. Ah, nel caso vi siate chiesti cosa significa il titolo, sappiate che “Pom Poko” è naturalmente il suono onomatopeico usato per descrivere il rumore dei testicoli che vengono percossi dai Tanuki come fossero tamburi. Se ciò vi sembra sconsiderato, tutto sommato può far comunque ridere e di certo non offende nessuno. Giusto?