“I duellanti” (1977) di #RidleyScott

Ridley Scott, lo stesso regista che soltanto due anni dopo farà uscire il famigerato film di fantascienza “Alien”, mette in scena quest’opera dalla narrazione trascinante e dalla potenza visiva incredibile, basandola sul romanzo “Il duello” di Joseph Conrad.

Siamo nel 1801 a Strasburgo, inizio dell’era napoleonica. Il tenente D’Hubert (Keith Carradine) viene incaricato di raggiungere il tenente Feraud (Harvey Keitel) comunicandogli lo stato di arresto. La motivazione è che Feruad, duellante e attaccabrighe di fama, ha ferito in duello il nipote del sindaco. L’atto di D’Hubert viene però preso sul personale da Feraud, che naturalmente decide di sfidarlo e continuerà a farlo quasi morbosamente per i successivi 15 anni. La storia narrerà dei loro duelli, sempre sanguinosi, e del contorno storico dell’ambientazione, che anche se può sembrare ripetitiva, girerà intorno alla premessa del regolamento dei duelli riuscendo a rimanere avvincente. E’ necessario infatti dire che per questioni di onore, tali sfide sono legalmente regolamentate all’interno degli eserciti: entrambi gli sfidanti devono avere lo stesso grado militare e la nazione di appartenenza non deve essere in guerra. Più volte D’Hubert riesce ad evitare lo scontro perché la Francia è in stato bellico. Più volte Feraud non può sfidare D’Hubert perché quest’ultimo ottiene per primo un aumento di grado.

I personaggi inoltre sono scritti egregiamente e si avvalgono di un’interpretazione dei due protagonisti impeccabile riuscendo a creare una sorta di atmosfera di amore e odio. Feraud è un personaggio di umili origini, che per natura della sua indole bellicosa sembra avere bisogno di un nemico da vedere come suo pari, quasi fosse una sua necessità emotiva, il regista non ce lo spiegherà mai. D’Hubert si espone pacato ed elegante, si schiererà dalla parte del re e non da quella di Napoleone, e per tutto il tempo del film tenterà di evitare gli scontri con l’avversario per non rischiare la carriera. Dopo anni di sfide, si è perso per lui ormai il senso della disputa, avendo per giunta ritenuto banale il pretesto di Feraud, fin dall’inizio.

Ma il punto è che questo è uno di quei film dove l’estetica, data anche dai costumi dell’epoca e dalla storia in se per se, sono sufficienti a renderla grandiosa. Scott immortala certe scene e location, aiutato da una fotografia e uno studio della luce che è impossibile non notare trasformando l’inquadratura che si ha davanti in nient’altro che dipinti da ammirare. C’è poco altro infatti che si potrebbe dire della sceneggiatura, in quanto sono le scene stesse, sia come sono girate, sia come sono interpretate, che fanno la differenza. Il ritmo poi è sostenuto e trascinante grazie alla parte narrativa, alternata benissimo e in equilibrio con quella più dinamica dei duelli.

Si arriva al finale, D’Hubert scopre che Feraud è stato arrestato a seguito della battaglia di Waterloo e destinato a morte, ed è qui che, dall’alto della sua carica, riesce a scagionare il rivale per sfidarsi ultima volta, stavolta non con le spade ma armati di pistola, due colpi ciascuno. Il finale è da fiato sospeso.

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Un commento Aggiungi il tuo

  1. @bluebabbler ha detto:

    Bel libro, bel film e… un’ottima scherma

    Piace a 2 people

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