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La schizofrenia, decisamente, non è poesia. È prima di tutto incomprensione reciproca. Il soggetto schizofrenico non riesce a comprendere il mondo esterno utilizzando chiavi di lettura comunemente condivise, mentre le persone che si relazionano con lui faticano ad entrare nei suoi schemi mentali, a capire come comunicare all’interno di un contesto spesso impenetrabile. A maggior ragione quando lo schizofrenico non sa di essere malato: si trova quindi a soffrire per la mancanza di empatia da parte di chi lo circonda e imparerà presto a identificare come nemici coloro che non partecipano alla sua allucinazione.
‘Non è poesia’ è un viaggio attraverso l’esperienza di Erika, una bambina che si trova suo malgrado ad essere l’unica caregiver della mamma, la quale soffre di schizofrenia paranoide e a causa della sua patologia tende ad isolarsi e ad allontanare in malo modo chiunque provi ad entrare in contatto con lei. Di conseguenza, anche Erika è costretta a confinarsi entro le mura di casa, a limitare al minimo i rapporti con estranei e familiari. Prova più volte a chiedere aiuto, ma sembra che nessuno voglia riconoscere la patologia. La parola “schizofrenia” fa ancora paura e il risultato di una sottostima del problema è spesso un’escalation di violenza. Allo stato attuale, inoltre, non c’è modo di obbligare una persona non consapevole della propria malattia a curarsi.