Recensione “Più forte di ogni addio” di Enrico Galiano

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Titolo: Più forte di ogni addio

Autore: Enrico Galiano

Editore: Garzanti

Genere: Narrativa

Data pubblicazione: 18 aprile 2019

Voto: 5/5

Cartaceo: 17,90€ | Ebook: 9,99€


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Sinossi:

È importante dire quello che si prova, sempre. È importante dirlo nel momento giusto. Perché, una volta passato potremmo non trovare più il coraggio di farlo. È quello che scoprono Michele e Nina quando si incontrano sul treno che li porta a scuola, nel loro ultimo anno di liceo. Nina sa che le raffiche di vento della vita possono essere troppo forti per una delicata orchidea come lei: deve proteggersi ed è per questo che stringe tra le dita la collanina che le ha regalato suo padre. Per Michele i colori, le parole, i gesti che lo circondano hanno un gusto sempre diverso dal giorno in cui, cinque anni prima, ha perso la vista. Quando sale sul treno e sente il profumo di Nina, qualcosa accade dentro di lui: non sa che cosa sia, ma sente che lo sta chiamando. Ogni giorno, durante il loro breve viaggio insieme, in un susseguirsi infinito di domande e risposte, fanno emergere l’uno nell’altra lo stesso senso di smarrimento. Michele insegna a Nina a non smettere di meravigliarsi ogni giorno. Nina insegna a Michele a non avere rimpianti, che bisogna sempre dare l’abbraccio e il bacio che vogliamo dare, dire le parole che non vediamo l’ora di pronunciare. Ma è proprio Nina, quando un ostacolo rischia di dividerli, a scegliere di non dire nulla. Di fronte al momento perfetto, quello in cui confessare che si sta innamorando, resta ferma. Lo lascia sfuggire. Nina e Michele dovranno lottare per imparare a cogliere l’istante che vola via veloce, come la vita, gli anni, il futuro. Dovranno crescere, ma senza dimenticare la magia dell’essere due ragazzi pieni di sogni.

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Recensione:

Enrico Galiano, giovane insegnante friulano in una scuola di periferia, è anche un romanziere di successo, da sempre attento alle problematiche degli adolescenti, godendo peraltro nel fare questo di un centro di osservazione privilegiato, e cioè la scuola. E con il suo nuovo romanzo, Più forte di ogni addio, dimostra una volta di più di saper parlare di “loro”, e a “loro”, come pochissimi sono in grado di fare. Le vicende di Michele e Nina – il ragazzo divenuto cieco in seguito ad un incidente stradale, e la ragazza sensibile, “orchidea”, che porta dentro di sé un segreto inconfessabile che riguarda proprio Michele – sono tratteggiate con estrema delicatezza e sentimento da parte dell’autore, perfettamente a suo agio nel descrivere due ragazzi che si affacciano dall’età dell’adolescenza a quella della maturità (Michele, mentre ci racconta in prima persona gli eventi, sta effettivamente preparando l’esame di maturità), con tutte le speranze, gli entusiasmi, le ansie, le paure proprie di quell’età.

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Strutturato come un racconto a due voci – Michele e Nina si alternano in prima persona nella narrazione – il libro coglie i due ragazzi nell’evolversi dei loro sentimenti, ne rappresenta fin nei minimi particolari lo sviluppo dei ragionamenti, delle decisioni, spesso contraddittorie, che prendono, a volte d’istinto, altre volte dopo lunga meditazione. E il racconto ci permette di conoscere i personaggi secondari che i due ragazzi incontrano, il padre e la madre di Michele, così diversi nel manifestare il loro amore verso il figlio, Carlo, il migliore amico di Michele, che con la sua schiettezza e sincerità fa da contraltare alla timidezza «selettiva» del ragazzo, il prof di chimica Roberto Severo, gran conoscitore delle donne e ormai disilluso sull’amore, la madre di Nina, così iperprotettiva verso la figlia, il padre di Nina, “Homer”, morto di tumore anni prima ma che rivive nei racconti della ragazza, e Flo, la tatuatrice, che in appena un’ora di lavoro ascolta il racconto di Nina e finirà per diventare sua amica, avendo infine una parte così importante nella conclusione della vicenda.

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I temi dominanti sono quello dell’amore, che spesso si fa fatica a riconoscere subito, ma quando è sincero invita a fare ciò che normalmente non si farebbe, ma anche e soprattutto del dolore, quello fisico di chi, per un tragico incidente, ha perso per sempre la facoltà visiva, ma anche e soprattutto quello psicologico, che condiziona ancor più la nostra vita e le nostre azioni.

Li riconosci subito quelli che hanno avuto un vero dolore e non perché sono più stronzi, non perché hanno la scorza più dura: io non li sopporto quelli che con la scusa del dolore diventano più cattivi. No, il vero tratto distintivo di chi ha sofferto per davvero è che, in fondo, è: gentile. C’è come un velo di clemenza sopra tutti i gesti, chi ha sofferto davvero non infierisce mai, non calpesta, sta attento a tutto, osserva, se può evita di ferire e se non può preferisce ferire sé stesso; la voce gli si colora di un soffio mite di calore, non urla più e se lo fa, lo fa solo contro il vento. Chi ha sofferto davvero è diverso perché è disarmato, esce senza la pistola, sorride leggero, scherza tutto il tempo, non fa sempre a gara, chiede scusa, cammina in punta di piedi.

E ride, ride un sacco, più di chiunque altro.

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Sicuramente, l’ennesimo meritato successo di Enrico Galiano, che per me è stata una bella scoperta, che ha le carte in regola per presentarsi come il perfetto narratore degli adolescenti di oggi, con l’uso di un linguaggio fluido e piacevole, senza mai correre il rischio di cadere nel banale o nello stereotipo, come solo i grandi narratori sanno fare.

Personalmente, ho gradito molto le digressioni che l’autore inserisce in alcuni punti del racconto, come l’episodio narrato da Michele di Pier Paolo Pasolini che negli anni ’40, insegnante per ragazzi poveri che non potevano andare a scuola, faceva lezione nel prato della piccola chiesa di Versutta e fu artefice del primo tentativo di restauro degli affreschi trecenteschi della chiesa, facendo sfregare ai suoi ragazzi delle cipolle tagliate a metà sui muri affrescati che così tornarono a mostrare i colori ormai consunti.

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In definitiva, un libro prezioso e consigliatissimo per tutti, perché parla proprio a tutti, ragazzi e adulti, figli e genitori, senza distinzioni di età. E a tutti noi questo racconto finisce per porre delle domande, dei quesiti, per interrogarci. Come solo un buon insegnante sa fare.

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