Recensione “Il mattino dopo” di Giorgio Pulvirenti e Marco Negrone

1957. Justin è un giovane adolescente che vive a Montauban, un piccolo paesino immerso tra le campagne del sud della Francia, assieme ai suoi genitori adottivi. La guerra è finita da diversi anni ma ha lasciato ferite profonde sul corpo e nella mente di Benjamin, il padre adottivo del ragazzo, essendo un sopravvissuto del campo di sterminio di Auschwitz. Justin è deciso a conoscere la verità sul suo vero padre e la sua vera madre. Chiede quindi a Benjamin di raccontargli la storia delle proprie origini, che coincide con gli orrori che il padre ha vissuto all’interno del campo di sterminio. Quella che il ragazzo avrà modo di ascoltare sarà una storia forte, cruda, una vicenda che metterà in risalto la tenacia e la caparbietà di un gruppo di ebrei nel trovare un modo per sopravvivere ad una delle pagine più tristi e cruente della storia dell’umanità. Quando tutto sembrerà spacciato, un violino cambierà le loro sorti.

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Titolo: Il mattino dopo

Autori: Giorgio Pulvirenti e Marco Negrone

Editore: Indipendente
Genere: Romanzo storico
Data pubblicazione: 5 Dicembre 2019
Voto: 5/5

Classificazione: 5 su 5.

Cartaceo -> 9,99€ | Ebook -> 2,99€

Recensione



La storia di di questo coinvolgente libro, inizia una notte in Francia, nel 1957 in cui un ragazzo di nome  Justin, chiede a suo padre adottivo Benjamin, la verità sui suoi genitori naturali.
La narrazione  ci porta così indietro nel tempo e precisamente durante la Seconda Guerra Mondiale, riaprendo ferite per Benjamin mai chiuse veramente, ricordi delle atrocità, del dolore e delle sofferenze subite insieme ad altri sventurati nel campo di Auschwitz.

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Il racconto di Benjamin inizia a Parigi nel 1942 dove troviamo Alexandre, un giovane fornaio francese, sempre pronto e disponibile ad aiutare gli altri, appassionato  di musica, violinista. Vive insieme alla sua compagna Natalie conduce una vita tranquilla fatta di lavoro e di affetti finché un brutto giorno un giorno qualunque per tanti altri ma non per chi come Alexander è ebreo, viene strappato dalla sua quotidianità e portato verso una  destinazione ignota. Inizia così il suo incubo peggiore insieme ad altri ebrei, prima nel velodrome d’Hiver, poi nel campo di smistamento di Drancy, per poi finire ad Auschwitz- Birkenau. Qui assiste ad atrocità inimmaginabili, alcune subite da lui personalmente. Gli ebrei vengono privati dei loro oggetti, dei loro  capelli, del loro nome che viene sostituito da un numero marchiato sulla pelle cessando di essere umani e perdendo anche la dignità. Alexandre e i suoi compagni lavorano in condizioni disumane per costruire, inconsapevolmente un qualcosa che serviva per sterminare altri loro compagni.

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Giorno dopo giorno i tedeschi cercano di piegare la loro volontà ed è sempre più difficile staccarsi dalle sofferenze del corpo e dello spirito cercando di rimanere integri. Per Alexander sarà proprio il violino ad aiutarlo a sopravvivere offrendogli  ancora momenti per sognare e ricordare. Ma come  userà il violino?  in quell’inferno può esserci spazio per l’amore e un modo per estraniarsi almeno per un momento da tutto quello che sta succedendo? Alexandre non si perde d’animo e anche se flebile la speranza rimane sempre viva, speranza che riesce ad alimentare insieme ad altri compagni e riuscendo in qualche modo a dare un’opportunità e forse una via d’uscita.

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La musica tramite il componimento  “serenade” di Schubert diventa la colonna sonora di un qualcosa di inaspettato e di travolgente per Alexandre ed Agnes, quest’ultima  moglie di un tedesco.  che non è d’accordo con le atrocità  che commette il marito, sia fuori che dentro casa, ed è molto infelice.  Vivrà con Alexandre un attimo che aiuterà il giovane fornaio ad uscire, almeno momentaneamente dall’inferno che è costretto a vivere. Come il padre di Justin entra in tutto questo? Chi è lui realmente? La risposta a queste domande la si trova nel finale in cui tutto appare chiaro. Un padre e un figlio che si ritrovano in un abbraccio conoscendosi più in profondità sia  nella luce che nelle zone d’ombra, risvegliandosi il giorno dopo in un nuovo giorno con un cielo  più sereno e più puro.  Gli autori usano un linguaggio semplice ed efficace e ci racconta  uno spaccato di storia con realtà senza cadere nel sentimentalismo. Uno stile perfetto, crudo, ma sensibile e delicato allo  stesso tempo, trasformando una storia in quasi un saggio storico in cui la precisione e l’amore per la narrazione si fonde con la passione dello storico. 

Una storia che ci fa riflettere molto sulla società e sulle assurdità della guerra , ma anche di speranza per l’Animo umano, anche  nei momenti più duri  il cuore continua a battere nonostante tutto, portando a donarsi con generosità verso il prossimo. Un messaggio di speranza per tutti per il presente e per il futuro Affinché si possa davvero imparare qualcosa Oggi più che mai.

VOTO 5/5

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