Qualche settimana fa, un ragazzo ha contattato il nostro blog chiedendo una recensione del suo libro di poesie. La mia “capa”, forse sentendo la parola poesia, ha girato tutto a me, e piano piano si è delineato questo post. Oggi non facciamo recensioni, oggi parliamo di adolescenza e della sofferenza che spesso accompagna questa fase del ciclo di vita. Da “Senza paura, senza pietà” del Professor Maggiolini:
L’adolescenza è la fase del ciclo di vita caratterizzata da una grande trasformazione, che coinvolge, il corpo, il cervello, i processi cognitivi, le emozioni e le relazioni.
Lo sapete che la maggior parte delle psicopatologie insorgono in questo lasso temporale? Questo proprio per la delicatezza e l’incertezza che lo contraddistinguono. Ogni fase della vita ha dei “compiti psicologici” (come diciamo nel nostro gergo), e l’adolescenza ha forse quello più arduo: definire chi siamo. Ci viene richiesto di assumere un ruolo: sessuale, societario, relazionale. C’è come un’ondata che ci travolge e non tutti sanno nuotare.photo by @francy162
Ma, qualcuno potrà chiedersi, perché tutto questo dovrebbe comportare sofferenza, ed addirittura comportamenti disfunzionali? Rispondo all’ipotetica domanda citando Bayley (2002), che propose un profilo sintetico degli adolescenti accolti in comunità:
ragazzi che normalmente hanno avuto cure e attaccamenti non continui, talvolta vittime di trascuratezza o forme di maltrattamento, privi di riferimenti educativi coerenti e stabili, cosa che ha minato profondamente il loro senso di fiducia nei confronti del mondo adulto. Sono generalmente confusi e talvolta sviluppano comportamenti violenti etero o auto diretti. Annoverano difficoltà nel processo formativo e, al di là di strategie di compensazione, mostrano un basso livello di autostima.
Questo estratto, naturalmente, si applica ad ogni adolescente che abbia avuto attaccamenti disfunzionali, subito traumi o in generale che abbia sofferto particolarmente, non è riferito prettamente alle comunità. Dopo questa importante premessa, vi presento Tommaso Alongi, il ragazzo di cui vi ho parlato all’inizio. Tommaso ha 19 anni è di origine polacca, ma vive in Calabria con i genitori adottivi. Quando ho letto le sue poesie ho avuto la netta sensazione che fossero intrise di sofferenza, ma anche speranza; così ho iniziato a conoscere la sua storia e gli ho chiesto se volesse aiutarmi in questo articolo, ad informare e sensibilizzare sui disagi adolescenziali. Il tutto, in un passaggio fluente dal generale (vedi sopra), al particolare (ossia le esperienze reali). Attraverso le domande che gli ho posto, Tommaso, ci racconta una parte importante di sé, ma che può riguardare tanti adolescenti.
Dai racconti che mi hai fatto, hai sperimentato spesso il senso di vuoto e la paura dell’abbandono. Sono emozioni fortemente collegate e non facili da affrontare. Come ti rapporti con esse ora? E cosa diresti a chi le sta provando?
1) Abbandono e vuoto, due emozioni molto forti e simili tra di loro, che io ho provato molto prima di accorgermi che non ero più solo. Da bambino ho vissuto il distacco da mia madre biologica come un profondo senso di abbandono, ma poi ho trovato due genitori fantastici dalla A alla Z. Finalmente un po’ di amore pure per me, se non che per un paio di incomprensioni e di ribellioni da parte mia, come ha avuto ogni adolescente. Sono andato in una comunità. Ho riscoperto in questa comunità il significato di essere una famiglia e ho capito i sacrifici che hanno fatto i miei genitori fino ad ora, e che faranno in futuro solo perché ti vogliono bene e che non ti abbandoneranno mai, ma sei tu a andartene via da loro.
Spesso c’è molta reticenza sull’andare dallo psicologo, siamo una società ancora vittima di stereotipi insensati, tu hai mai fatto un percorso di psicoterapia in adolescenza? Se sì, pensi sia servito?
2) Si, ho fatto un percorso di psicoterapia e credo che nel futuro lo riprenderò. Mi ha aiutato moltissimo, in primo luogo a capire me stesso e i miei difetti e poi dopo essermi messo in discussione, ho capito il vero amore della mia famiglia. Perché si, ricordatevelo: il vero amore non è il principe azzurro, ma è chi ti ha cresciuto con amore e che con amore vi lascerà nel momento che non avrete più bisogno di loro, per dirla brevemente chi non vi tarpa le ali, ma fa di tutto per supportarvi.
Come molti sanno, una delle manifestazioni del disagio può essere l’autolesionismo. Hai mai pensato di farti del male?
3) Domanda bella tosta! Io certamente ho sofferto molto, oserei dire in tono poetico: “finché le mie lacrime diventassero di sangue e segnassero profondi solchi”. Per essere un po’ più pragmatici, si ho pensato a farmi del male o al suicidio, tutti almeno una volta nella vita lo pensano, e no non sono pazzi o matte. E’ normale avere dei pensieri oscuri in alcune fasi della propria vita. Ho pensato a farlo perché pensavo di essere solo, di non poter comunicare, cosa che invece mi riesce piuttosto bene con la poesia, che è la mia valvola di sfogo.

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Nonostante la mia adolescenza sia più lontana di quella di Tommaso, abbiamo deciso che anche lui potesse fare delle domande a me su queste tematiche. Le mie risposte saranno forse inconsapevolmente deformate, ma veritiere. Tommaso mi ha chiesto:
- cos’è il dolore e che senso ha?
- perché si cerca di scappare dal dolore? Come andrebbe affrontato?
- la sofferenza ci aiuta a migliorarci, come? esempio dell’ aragosta
- un tuo piccolo segreto per superare il dolore?

Ecco le mie risposte. il dolore è uno stato fisico o emotivo legato ad un’esperienza traumatica (con tutta la soggettività che questa parola suggerisce). Il senso fisiologico del dolore sarebbe quello di “avvertirci” che qualcosa non va, e non credo si scosti molto dal senso emotivo. E’ la manifestazione, il campanello di allarme, la presa di coscienza. Si cerca di sfuggire al dolore perché per sua natura è sgradevole, indesiderato, nessuno sceglie di soffrire. Sul come andrebbe affrontato potremmo scrivere un libro caro Tommaso, ma ti dirò cose apparentemente banali ma che pochi fanno. Il dolore va riconosciuto e non negato, questo è il primo passo. Avere consapevolezza delle proprie emozioni e saperle esternare è diventata quasi una dote, credimi. I passi successivi cambiano a seconda della situazione, ma non possono escludere la richiesta di aiuto.Nella terza domanda mi citi addirittura Twerski con la sua teoria sull’aragosta. Per chi non la conoscesse vi lasciamo un link
qui.Direi che questa teoria è già un’ottima risposta alla tua domanda. Dobbiamo partire dal presupposto che il dolore fa parte della vita, quindi non si presenterà una sola volta. La corazza dell’aragosta non è una negazione del dolore, piuttosto una sua costruzione per affrontarlo meglio e con più forza. Portato nel concreto, dobbiamo acquisire strumenti interni che ci facciano dire “ok sto soffrendo, cosa posso fare?” Io e te, Tommaso forse trasformeremmo quel dolore in poesia, altri in amore verso gli altri, l’altruismo è un buon modo di canalizzare il dolore. Insomma ognuno si costruisce piano piano i suoi modi, ma sottolineo ancora una volta, non devono essere modi volti a non sentire il dolore, a negarlo. Perché marcio così tanto su questa cosa? Perché si corre il rischio di instaurare difese psicologiche che al momento daranno sollievo, ma alla lunga inficeranno la nostra vita relazionale.Un mio piccolo segreto per superare il dolore? Non ho ricette magiche: lo vivo. Come sai scrivo poesie e dipingo, questo spesso mi aiuta. Altre volte cerco di fare qualcosa per chi mi sta a cuore, altre ancora ascolto “moon river” e piango coccolando il gatto.
Ringrazio Tommaso per aver condiviso così tante cose preziose di sé, e vi invito a leggere le sue poesie. Augurandoci sempre che le nostre parole arrivino a chi le attende, a presto!
C’è un mondo fatto di tempo instabile. Un luogo dove i piani della vita si accavallano ed annodano formando dei tortuosi sentieri con varie difficoltà di percorrenza. La poesia è sempre adolescenza ed accoglie nella sua complessità linguistica tutte le età della vita. Questo ragazzo ha già sperimentato molto ed ha il coraggio di raccontarlo.
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È vero e sono grata si sia aperto con me. Mi auguro sia uno spunto per superare l’immotivata vergogna che ci fa tacere e soprattutto un messaggio di speranza per chi ha vissuto e vive il dolore.
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Complimenti!
Un articolo bellissimo!
Dove il dolore si percepisce e si capisce.
È importante ciò che dici, non si deve negare!
E questo articolo, questa intervista a due, fa capire come la speranza ci può essere!
Come il mondo può diventare un posto migliore …..fuori e dentro di noi.
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Grazie di cuore! È esattamente il messaggio che volevamo trasmettere
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Bellissimo articolo e molto utile, almeno per me. Trovo che l’ultima parte in cui Francesca risponde alle domande di Tommaso possa essere utile per moltissimi di noi.
Credo che vivremmo un pochino meglio se ci venisse fatta studiare un pochino di psicologia in più.
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