
Ben arrivata su MuatyLand Selene e grazie per aver accettato di essere intervistata da noi. Sei un giovane soprano lirico che ha appena concluso il suo periodo nell’opera studio della Bayerische Staatsoper. Puoi parlarci di questa esperienza durata ben 2 anni? In cosa consiste concretamente e quali opportunità mette a dispozione per un giovane cantante?
Lavorare per il Bayerische Staatsoper è stata un’opportunità incredibile, della quale ho potuto godere in seguito ad un’audizione tenutasi nel giugno 2016. Io, onestamente, non sono entrata attraverso il concorso che si era tenuto nel febbraio del 2016, ma sono stata chiamata poiché tra i cantanti che si erano presentati, la commissione non era riuscita a trovare un soprano in grado di affrontare e sostenere il ruolo di Magda Sorel, protagonista de “Il Console” di Giancarlo Menotti, opera esclusivamente realizzata dai componenti dell’opera studio per la stagione 2016/2017.
Mi chiamarono il giorno dopo l’audizione offrendomi un posto in questo prestigioso programma.
In questi ultimi due anni ho avuto la possibilità di studiare con alcuni tra i più grandi interpreti del passato (Edith Wiens, Anna Tomowa-Sintow, Brigitte Fassbaender, Rudolf Piernay, etc.) invitati appositamente a tenere delle Masterclass e di lavorare con i più importanti musicisti e direttori d’orchestra del panorama lirico mondiale, essendo il teatro di stato di Monaco di Baviera un crocevia fondamentale per l’opera lirica (…e non solo!).
In aggiunta a tutto ciò, ho avuto la possibilità di cimentarmi in alcuni ruoli al fianco di alcune delle stelle della lirica (Anna Netrebko, Jonas Kaufmann, Rene Pape, Joyce DiDonato, Elina Garanca, Diana Damrau, Nina Stemme, etc.).
Ora fino al 2020 sarai sotto contratto nell’ensamble del prestigioso teatro di Monaco di Baviera, puoi farci qualche anticipazione a riguardo? In cosa si differenzierà il tuo lavoro rispetto all’opera studio?
La proposta per l’ensamble è arrivata subito dopo aver interpretato il ruolo per cui ero stata invitata nell’operastudio. Per me è stato un immenso onore ricevere questa proposta poiché sono convinta di poter ancora attingere a piene mani da questo teatro così importante. Il contratto comincerà a settembre ed il lavoro che andrò a fare sarà decisamente diverso da quello dell’operastudio. Non avrò più “lezioni” di canto, ma solamente ripetizioni e sessioni con i coaches per la preparazione dei ruoli che mi vedranno protagonista, non avrò nemmeno più la miriade di concerti sponsor che avevo come membro dell’operastudio (la quale si regge sulle donazioni degli sponsor per i quali, quindi, dobbiamo organizzare i concerti) e la responsabilità artistica sarà pienamente e totalmente mia. Spiegandomi meglio: facendo parte dell’operastudio si è sempre a cavallo tra “scuola” e “professione”, ovvero si ha la responsabilità delle proprie azioni e scelte, ma si vive costantemente nell’aura protettiva del contesto “operastudio”.
Chiaramente anche i ruoli diventeranno via via più importanti.
Hai potuto vivere nella città bavarese per 2 anni e lo farai per altrettanto tempo, come è la vita di un italiano all’estero? L’approccio con il tedesco come è stato? Come è doversi creare una quotidianità così lontani da casa?
Devo dire, sinceramente, che Monaco di Baviera è una città meravigliosa, dove tutto funziona alla perfezione, incredibilmente sicura e tranquilla, ricca di arte e cultura, possibilità di svago e, cosa molto importante, dal clima perfetto!
Quando arrivai fui assistita in tutto e per tutto dal teatro per quello che riguardava la burocrazia e la “registrazione” in un’altra città. Lo stesso teatro mise a nostra disposizione un insegnante per imparare la lingua. Per quanto riguarda il termine “quotidianità”, devo dire che non lo assocerei alla vita che conduco… certamente ho una appartamento, degli orari, un calendario preciso, ma in realtà ogni giorno è diverso da quello precedente e da quello successivo, ogni giorno sei una persona nuova, un personaggio nuovo, hai una nuova regia da comprendere e vivere…per questo mi sento poco “quotidiana”!!!
Nell’ultima stagione hai anche debuttato in uno dei teatri italiano di maggiore rilievo, il Teatro la Fenice di Venezia. Come è stato cantare finalmente “a casa”? Come hai vissuto questo debutto?
Nel marzo 2018 sono tornata in Italia per debuttare il ruolo di Mimí in uno dei teatri, a mio parere, più belli al mondo (da veneta sono, chiaramente e spudoratamente, di parte!!!). È stata un’esperienza molto interessante, soprattutto venendo dall’oltralpe.
Avrei dovuto essere diretta dal Maestro Chung, ma sfortunatamente a una settimana dalle recite il Maestro ha avuto un incidente automobilistico e quindi è stato sostituito dal Maestro Ranzani. È stata davvero un’emozione incredibile e che porterò con me per sempre!
Ora passiamo alle domande di rito, come ti sei approcciata alla musica? E’ una cosa che è arrivata naturalmente con tempo, oppure hai iniziato molto piccola studiando uno strumento?
A casa dei miei, per quanto possa ricordare, c’è sempre stata musica. Di qualsiasi genere, epoca, forma e colore! Il mio papà mi cantava sempre la ninnananna per addormentarmi! Quando avevo quattro anni i miei mi iscrissero ad un corso di pianoforte e la maestra incaricata era restia ad accettarmi data la giovane età. Però iniziai le lezioni ed imparai le note musicali prima delle lettere dell’alfabeto. Continuai a studiare pianoforte fino a 15 anni e poi mi ruppi un braccio. Fu una brutta frattura dell’omero sinistro. Venni operata e per una settimana tutti credettero che avrei perso l’uso della mano poiché erano stati lesionati dei nervi. Non fu così, fortunatamente, ma dovetti rinunciare al pianoforte per un anno, durante il quale, però, per non perdere la “lettura” della musica, mi dedicai a quelli che si chiamano “solfeggi cantati”.
A dir la verità non sono mai stata una “pianista”, cioè non sono mai stata quella che si metteva al pianoforte dieci ore al giorno a ripetere scale ed arpeggi! Ho sempre avuto un filo comunicativo diretto con la musica e godevo davvero nell’eseguire i brani che studiavo, però la “costanza pianistica” è sempre stata qualcosa di lontano dalla mia indole. Tant’è che qualche volta chiedevo alla mia insegnante se per quella lezione potevamo cantare piuttosto che suonare, ma badando bene di non farlo venire a sapere dai miei. Mio papà aveva il sogno di sentirmi suonare lo studio op. 10 n.3 di Chopin, un brano complicatissimo e necessario di grandi doti pianistiche e musicali… ora quel sogno si è tramutato in un altra cosa, ovvero sogna di sentirmi cantare Brunhild nella saga dell’Anello di Wagner!!!

Quando invece hai deciso che da una passione volevi farne concretamente un lavoro? Quando è scattato quel qualche cosa in te dal portarti a volerti dedicare anima e corpo al conseguimento di tale obiettivo?
Non c’è stato un momento preciso… mi iscrissi al conservatorio per gioco perché non avevo passato il test di Medicina (lo passai l’anno successivo) ed ho vissuto della rendita dei precedenti anni dedicati allo studio del pianoforte. Ho visto la mia voce crescere ed ho imparato un po’ alla volta a gestirla, a modularla, ad arricchirla, ma soprattutto ho imparato (e sto imparando tutt’ora) a leggere la musica nel senso più puro e profondo del termine, ad interpretarla e a comprendere il volere dei compositori!
Il conservatorio per me è stato fonte di ispirazione, soprattutto perché ho avuto l’enorme fortuna di capitare nella classe di Cosetta Tosetti, la quale mi ha dato con enorme professionalità e passione le solide basi su cui ho potuto (e posso ancora) costruire la carriera. Mi ha insegnato ad essere umile nei confronti del mondo, ma soprattutto nei confronti dello spartito, cosa non scontata, anzi, molto spesso ignorata.
Ha saputo essere anche severa, quando necessario, e mi ha insegnato la disciplina in questo campo a partire dalle cose apparentemente più sciocche come, ad esempio, il rilegare sempre gli spartiti per i pianisti!!!
Dopo il conservatorio mi sono data una possibilità per vedere a che punto fossi e in un anno ho partecipato a 21 concorsi. Mi classificai sul podio in 19, vincendo il primo premio nella maggior parte. Iniziavo ad annusare l’idea che forse avrei potuto fare del canto un lavoro. Quello stesso anno conobbi quella che definirei il mio mentore: Raina Kabaivanska. Un nome, una leggenda. Rimasi con lei un altro anno e poi mi venne proposta quest’audizione a Monaco.
Ad oggi ogni giorno decido di dedicare anima e corpo alla musica e al canto per una semplice necessità, ovvero quella di esprimermi, di esprimere me stessa in un linguaggio che va studiato da chi lo deve parlare, ma stranamente viene sempre, immediatamente e naturalmente compreso da chi lo ascolta!
La tua vocalità è di soprano lirico, una voce di notevole rilievo, oltre a Mimì, quali ruoli hai debuttato? Quale senti più vicino al tuo IO personale? Quale invece se c’è è stato piò ostico da assimilare?
Il primo ruolo che ho debuttato è stato il ruolo di Suor Angelica, al teatro comunale di Cagli; è stata un’esperienza azzardata perché ero molto giovane e non avevo ancora terminato il conservatorio, ma mi sono buttata ed ho imparato una grandissima verità, ovvero che alcuni teatri “assorbono” il suono e quindi a chi canta sembra di non essere abbastanza sonoro. Per ovviare a questa cosa il cantante inizia a “spingere” (in gergo significa forzare la voce per farla sembrare più grande e più voluminosa) e così il primo giorno di prove persi la voce!!! Se ci ripenso adesso, sorrido, ma ricordo che la vissi come una tragedia! Poi la voce ritornò e la recita andrò decisamente bene!
Un altro ruolo per me davvero importante è stata la Donna Anna del Don Giovanni, ruolo caratterizzato da un lirismo delicatissimo, ma da una profondità talvolta sottovalutata.
La stessa Mimi si è rivelata decisamente più ostica del previsto… non dal punto di vista vocale (terzo atto a parte!), ma dal punto di vista psicologico e caratteriale! Quello di Mimì è un personaggio dipinto da delicatissime pennellate di colori violenti che nel complesso, però, risultano di una dolcezza struggente; è una giovane di forse nemmeno 20 anni, ma con la maturità e la saggezza di una donna vissuta. Per intenderci, non è né un guizzo di colore di Musetta, tantomeno un arabesque brunito di Rodolfo, ma qualcosa di molto più sottile da rendere.
Un ruolo che mi ha messa a dura prova è stato sicuramente il ruolo di Magda Sorel, ovvero la ragione per cui sono entrata nell’operastudio. Quello di Magda é un personaggio appassionato e tragico al contempo, stretto in una trama claustrofobica incentrata sull’attesa. Oltre alla resa scenica, la difficoltà reale è stata quella relativa alla parte tecnica. Per affrontare e rendere, poi, al meglio questo ruolo, ho dovuto sviluppare il registro medio-grave attraverso un lavoro minuzioso, paziente, ma soprattutto intelligente. Ne è decisamente valsa la pena!
Un altro ruolo a cui sono molto affezionata, nonostante l’opera non sia molto rappresentata, é quello di Rosina de “La finta semplice” di W.A. Mozart. È un ruolo comico e mi sono divertita tantissimo ad interpretarlo! Adoro impersonare caratteri comici, quasi al limite del grottesco, come l’ultima Berta de “Il barbiere di Siviglia” qui a Monaco.
Nel tuo approccio ad un nuovo ruolo, sia esso comprimario oppure no, come procedi? Quale è invece il ruolo che è nel tuo cuore ma che non hai ancora debuttato?
Come ho già raccontato, gli anni in cui ho studiato pianoforte si sono rivelati utilissimi, se non addirittura indispensabili proprio per quelle che sono le prime fasi di studio di un ruolo. Come tutti, con molta calma, mi siedo al pianoforte con lo spartito davanti e cerco di decifrarlo. Si parte dal solfeggio, dalla comprensione del testo, dallo studio dello sviluppo armonico, poi si passa alla voce, si cercano di individuare i passaggi “complessi”, quelli in cui si dovrà lavorare maggiormente sulla tecnica e poi si passa al provare, provare e riprovare. Poi bisogna leggere e rileggere lo spartito, poiché ci sono autori che scrivono tutto sulla partitura, altri meno “a parole”, più a “segni” o ad “armonie” e seguendo e rispettando tutte queste indicazioni ci si avvicina maggiormente all’ideale! Poi durante lo studio vengono le ispirazioni e ci si fa un’idea di quello che si vuole trasmettere anche in base alle proprie caratteristiche vocali e, perché no, caratteriali!
Per quanto riguarda i “ruoli del cuore” sicuramente ce ne sono un paio che spererei tanto di cantare un giorno; tra questi ci sono sicuramente una Tosca ed una Francesca da Rimini e poi, se il fisico e la voce matureranno adeguatamente, non posso nascondere che vorrei tanto cantare un ruolo wagneriano… chissà!
Puoi farci qualche anticipazione riguardo il tuo calendario futuro? Canterai nuovamente in Italia?
Per quanto riguarda la prossima stagione canterò dei ruoli secondari interessanti come, ad esempio, la Prima Dama ne “Il flauto magico”. Per la stagione 19/20 le cose si faranno decisamente più interessanti, ma non sono autorizzata a rivelare nulla.
Mi piacerebbe tanto tornare in Italia, ma al momento, facendo parte dell’ensamble, devo dare ogni priorità al Bayerische Staatsoper però, qualora ci fossero dei momenti liberi, sicuramente ritornerei.
Ringrazindoti per questa intervista, vorremmo sapere quali sono le tue speranze per il futuro. Inoltre cosa ti senti di dire a giovani cantanti che come te vorrebbero tentare un’esperienza in una delle Opera Studio all’estero? Potresti lasciare per favore loro qualche consiglio?
Le mie speranze per il futuro sono sicuramente continuare in questa direzione e cecare di fare sempre le scelte migliori per la mia carriera!
Ai giovani cantanti consiglio di studiare, studiare e studiare. Studiare la musica, studiare uno strumento per diventare il più indipendenti possibile, studiare tutto quello che circonda un’opera o una composizione musicale, studiare l’anatomia del corpo umano e del proprio strumento, ma soprattutto imparare ad essere consapevoli… con una buona dose di umiltà!