Kabul, 1978. Sitara ha dieci anni, e la sua non è un’infanzia come le altre. Suo padre è consigliere del presidente dell’Afghanistan, e il palazzo del governo è la sua seconda casa, un luogo magico dove giocare tra le stanze enormi, scherzare con le guardie, rifugiarsi in biblioteca per studiare le sue amate stelle. Ma, in una sola notte, quel mondo scompare. È il 27 aprile 1978: la data, indimenticabile, del colpo di stato. I militari assaltano il palazzo, e sarà una delle guardie ribelli, Shair, colpito da quella bambina con gli occhi pieni di paura, a salvare Sitara, affidandola di nascosto a una diplomatica americana. Un aereo la porterà in un mondo nuovo, dove nulla profuma di casa e tutto è sconosciuto. New York, 2008. Sitara è diventata un medico, e la sua infanzia è un ricordo doloroso sepolto in fondo alla memoria, dove non può trovarlo. Finché, un giorno, arriva da lei un paziente afghano. In quell’uomo anziano, dal viso percorso di rughe, Sitara riconosce subito Shair. E il ricordo di quella notte ritorna più vivo che mai. Perché, in quel palazzo, Sitara ha lasciato una parte di sé senza la quale non può sentirsi completa; decide così di compiere un lungo viaggio per ritrovare quella bambina, e quel Paese abitato dai fantasmi di tutto ciò che ha amato. Nadia Hashimi, autrice di origini afghane, firma un romanzo emozionante, fotografando quell’Afghanistan che “un tempo attirava viaggiatori e sognatori”, ormai martoriato dalla guerra e dall’oscurantismo. E raccontando una storia di esilio, speranza, e nostalgia per quel posto chiamato “casa”, non importa quanto tormentato.
Titolo: Le stelle di Kabul
Autore: Nadia Hashimi
Editore: Piemme
Genere: Narrativa contemporanea
Data pubblicazione: 15 Marzo 2022
Voto: 4/5
Acquista su Amazon -> #pubblicità
Recensione
Ben tornati a tutti lettori, oggi torno a scrivere per parlarvi di un testo che ho recuperato in Biblioteca, si tratta del romanzo “Le stelle di Kabul” di Nadia Hashimi, edito in Italia per Piemme.
A Kabul, nel 1978, la vita di Sitara, una bambina di dieci anni, si svolge tra il lusso e la magia del palazzo presidenziale. Il padre è un consigliere del presidente dell’Afghanistan, e per lei le sue stanze sono un parco giochi dove si nasconde e insegue sogni fatti di stelle. Ma una notte, il 27 aprile, il suo mondo crolla sotto il fuoco di un colpo di stato. Una guardia ribelle, Shair, la salva e la nasconde, affidandola a una diplomatica americana. Sitara vola via, lasciando il suo passato in un palazzo ormai in fiamme.
Trent’anni dopo, a New York, Sitara è una dottoressa affermata, ma la sua infanzia a Kabul è solo un’eco lontana e dolorosa. Tutto cambia quando un paziente anziano le entra nello studio: l’uomo è Shair, la guardia che la salvò. Il passato riemerge in modo prepotente, spingendo Sitara a intraprendere un viaggio a ritroso verso i fantasmi della sua infanzia. Perché in quel palazzo ha lasciato una parte di sé, un pezzo di storia che solo il suo paese d’origine può restituirle.
Attratta dal titolo, ho iniziato a leggere senza esitazione, desiderosa di immergermi in una cultura e una storia a me sconosciute. Pur aspettandomi un racconto di sofferenza, tipico della narrativa internazionale ambientata in Afghanistan, sono stata catturata dalla storia di una bambina e della sua famiglia, inaspettatamente vicina al potere.
Tutto ha inizio con una notte di spari e un colpo di stato che stravolge ogni cosa. La bambina, un tempo protetta, si ritrova costretta a fuggire, a cambiare identità e a imparare una lingua nuova. Il romanzo tocca un argomento che non avevo mai incontrato in altri libri simili: l’archeologia e i tesori dell’Afghanistan. In particolare, un anello prezioso che viaggia oltre oceano per poi fare ritorno, finendo in un museo. La protagonista spera che un giorno quell’oggetto possa essere ammirato da persone provenienti da ogni parte del mondo. Una speranza che, data la situazione attuale del paese, tutti noi condividiamo.
Mi sarei aspettata un finale diverso, soprattutto dopo un dialogo che mi ha colpita particolarmente: un abitante del luogo che si rivolge alla protagonista di ritorno, quasi rinfacciandole la sua vita agiata all’estero. È un confronto tra chi è rimasto a lottare e chi è fuggito, per poi tornare a raccogliere i cocci del passato. Un dilemma che presenta due facce della stessa medaglia, e che io, non avendolo vissuto, non mi sento di giudicare. È un libro che consiglio vivamente. Voto 4/5
