Recensione “Randagi” di Marco Amerighi

A Pisa, in un appartamento zeppo di quadri e strumenti musicali affacciato sulla Torre pendente, Pietro Benati aspetta di scomparire. A quanto dice sua madre, sulla loro famiglia grava una maledizione: prima o poi tutti i Benati maschi tagliano la corda e Pietro – ultimogenito fifone e senza qualità – non farà eccezione. Il primo era stato il nonno, disperso durante la guerra in Etiopia e rimpatriato l’anno dopo con disonore. Il secondo, nel 1988, quello scommettitore incallito del padre, Berto, tornato a casa dopo un mese senza il mignolo della mano destra. Quando uno scandalo travolge la famiglia, Pietro si convince che il suo turno è alle porte. Invece a svanire nel nulla è suo fratello maggiore Tommaso, promessa del calcio, genio della matematica e unico punto di riferimento di Pietro; a cui invece, ancora una volta, non accade un bel niente. Per quanto impegno metta nella carriera musicale, nell’università o con le ragazze, per quanto cambi città e nazione, per quanto cerchi di tagliare i ponti con quel truffatore del padre o quella ipocondriaca della madre, la sua vita resta un indecifrabile susseguirsi di fallimenti e delusioni. Almeno finché non incontra due creature raminghe e confuse come lui: Laurent, un gigolò con il pallino delle nuotate notturne e l’alcol, e Dora, un’appassionata di film horror con un dolore opposto al suo. E, accanto a loro, finalmente Pietro si accende. Con una trama ricca di personaggi sgangherati e commoventi, e una voce in grado di rinnovare linguaggi e stili senza rinunciare al calore della tradizione, “Randagi” è un romanzo sulla giovinezza e su quei fragilissimi legami nati per caso che nascondono il potere di cambiare le nostre vite. Un affresco che restituisce tutta la complessità di una generazione: ferita, delusa e sradicata dal mondo, ma non ancora disposta a darsi per vinta.

Annunci

Titolo: Randagi
Autore: Marco Amerighi
Editore: Bollati Boringhieri
Genere: Narrativa
Data pubblicazione: 26 Agosto 2021
Voto: 4/5

Classificazione: 4 su 5.

Cartaceo -> 18€ | Ebook -> 10,99€

Recensione

Non avevo mai sentito parlare di Marco Amerighi, e sono super contenta di essermi imbattuta in un autore come lui completamente a caso. Randagi è stato un regalo, di cui tra l’altro non ero nemmeno troppo felice perchè la trama continuava a sapermi di risentito, un po’ come il sapore delle minestre che è quasi sempre lo stesso. Tuttavia, quando ricevo in dono qualcosa, non sono mai così meschina da bollarlo con un “Non mi piace” senza nemmeno aver dato una sbirciata al suo contenuto ed essermi chiarita le idee. Certo, di libri che mi sono stati regalati e che per carità del signore ce ne sono tanti – uno fra tutti il tremendo Amore 14, approdato nella mia libreria un infausto Natale della mia adolescenza che ricorderò per sempre, viste le prese in giro dei miei amici che sapevano bene quanto odiassi Moccia, quando gli raccontai dell’evento agghiacciante. Per Randagi, invece, è stato uno di quei casi fortunati in cui parti con le aspettative molto basse e ti ritrovi a ricrederti gioiosamente.

Annunci

In meno di un paio di giorni, l’avevo finito e ne sono entusiasta. Forse la sua fortuna è stata constare di una trama alla quale la sottoscritta non può che trovarsi legata, in quanto si parla di giovani adulti che non sanno bene che farsene della propria vita in un mondo in continuo movimento dove non si sentono padroni neanche di loro stessi. Può essere, ma procediamo con calma.

Randagi narra la storia di Pietro, da quando è piccolino fino ai suoi trent’anni. All’inizio tutto si ambienta a Pisa e vediamo come il bambino cresca in una famiglia un tantino disfunzionale, a partire dal fatto che a quanto pare è gravata da una maledizione. Eh sì, gli uomini della sua stirpe finiscono, in un modo o nell’altro, per scomparire per un certo periodo di tempo, per poi ricomparire senza preavviso o ritegno. Prima il nonno, poi suo padre… Pietro aspetta che succeda anche a lui da un momento all’altro. A parte la maledizione, la sua infanzia trascorre all’insegna dell’ammirazione per il fratello maggiore Tommaso che, a differenza sua, è bravo in TUTTO. Scuola, musica, ragazze; T, come lo soprannomina Pietro, se la cava alla grande in qualunque cosa. Pietro, invece, non riesce a platinare nessuna delle attività in cui si cimenta, ma non per questo prende in odio il fratellone, anzi. Pende letteralmente dalle sue labbra. Quando il rapporto con il padre diventa sempre più teso – l’uomo è un truffatore di prima categoria – e non sopporta più le paranoie della madre – la mamma è un’ipocondriaca che perdona di tutto al marito -, in assenza anche della sua unica ancora di salvezza Tommaso, Pietro parte per Madrid.

Annunci

E’ qui che la storia si arricchisce, colorandosi dei volti nuovi dei coprotagonisti del racconto. Conosciamo ad esempio Laurent, giovane gigolò di ricca famiglia francese che si spara qualunque cosa e fatica a rimanere a galla a causa dei suoi demoni interiori, che finisce per diventare il coinquilino e amico migliore di Pietro, e ancora Dora, una ragazza dal passato terribile, dilaniata fra la sua personalità che nemmeno lei comprende a pieno e il mistero che avvolge il suicidio di suo padre, motivo per il quale si è trasferita a Madrid.

In un ambiente colorato, ospitale e al contempo confuso, i tre giovani cercano di capire in che direzione portano i binari sui quali il carrello della loro vita procede cigolando, dopo battute di sosta e impennate di velocità. Crescendo maturano, acquisiscono consapevolezza di se stessi e sfiorano, per lo meno, la stabilità della maturazione adulta, intessendo fra loro rapporti veri e umani in tutti i loro dettagli, difetti e pregi.

Annunci

Questo romanzo all’inizio ha i toni della saga familiare, ma non li mantiene per molto, cambiando subito volto e approdando al romanzo di formazione. Poi, a un simil picaresco, al libro di narrativa contemporanea e al giallo, al thriller, al drama. E’ un discreto caleidoscopio di generi narrativi, che Amerighi riesce a padroneggiare alla perfezione, sia nel modo in cui costruisce la storia che in come la racconta.

Affezionarsi ai protagonisti è automatico, non ci rendiamo nemmeno conto di quando inizia ad accadere che ce li troviamo più vicini che fratelli. Le esistenze variopinte dei personaggi sono raccontate talmente tanto bene, con tatto e verosimiglianza e i dovuti dettagli, che è impossibile non empatizzare con loro e ritrovarsi in, almeno, una o due delle loro vicende personali.

Annunci

Ad esempio, io mi sono rispecchiata molto in Pietro e nel suo sogno di diventare chitarrista. Ci prova con tutto se stesso, finendo per essere annoverato come un bravissimo artista promettente, che tutti consultano per serate e jam sessions, ma che alla fine viene estromesso dall’ambiente musicale perchè, a detta degli altri, non mette l’anima in quello che fa. Esegue alla perfezione, questo sì, ma manca il sentimento.

Io non ho mai suonato la chitarra e nessuno di tale ambiente mi ha mai cercato, a essere sinceri, ma, come Pietro rimane deluso dal suo sogno visto infrangersi in mille pezzi, invaso dal senso di inadeguatezza, a mia volta ho capito fin da molto giovane che non avrei mai fatto della mia più grande passione un lavoro. Pietro ha avuto la forza di volontà che è mancata a me per proseguire negli studi e arrivare a qualche gradino dal vero successo, mentre io mi son ritirata prima, spaventata dalla mancanza di prospettive future e dal malefico, reiterante e immancabile posto fisso – che oggi, siamo realisti, nemmeno esiste più. Fatto sta che mi sono veramente ritrovata nella sua avventura, mi sembrava che i suoi sentimenti di frustrazione e tristezza li avessi scritti proprio io, come rivelandomi a un diario, e sono sicura che questa sensazione di rispecchiamento Randagi la dà più o meno alla maggioranza dei suoi lettori.

Annunci

Marco Amerighi è, poi, un narratore veramente capace. La sua prosa è veloce quando serve, ritmata e serrata, lenta in caso di bisogno, poetica e ricca di particolari. E’ un po’ un narratore mutaforma, in grado di adattarsi a quel che racconta, come i gatti che in base al contenitore in cui si trovano adeguano la loro forma corporea come se fossero liquidi. Viste le tematiche di cui tratta, il modo solo a prima vista spensierato con cui lo fa e la peculiarità delle sue descrizioni, dei dialoghi e dei personaggi che mette in scena, non vedo l’ora di risentire di nuovo parlare di lui. Se dovete farmi un regalo, amici e parenti che state leggendo questa recensione, sapete che Amerighi sarà sempre il benvenuto sulla mia scaffalatura!

Voto: 4/5

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.