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“Frequentavo il corso di Ingegneria informatica e mi sentivo un pesce fuor d’acqua. Con i colleghi di corso provavo a parlare di calcio, di cinema, di donne, ma per loro non erano argomenti interessanti come i computer, i microchip e i microchop. Me ne restavo un po’ in disparte, non riuscivo ad ambientarmi e chiesi loro di integrarmi: presero una calcolatrice per calcolare su di me un integrale. Agli esami universitari questi esseri viventi (per modo di dire “viventi”) rifiutavano tutti i voti al di sotto del 30 e lode.Io, invece, speravo nel miracolo per raggiungere il voto minimo del 18, e quando per sbaglio capitava che prendessi un voto più alto, mi sentivo un po’ più come loro, cosa assolutamente da evitare (per il mio bene). Sarebbe stato disarmante per me prendere un 30, non oso pensare cosa mi fosse accaduto addirittura in caso di 30 e lode: sicuramente avrei avuto bisogno di cure psichiatriche per riprendermi.” ————– L’autore sviluppa in modo agevole tale lavoro, quasi a costituire una sorta di copione teatrale, con tanto di note di regia, che rende la lettura scorrevole in quanto rielabora in modo originale una serie di stereotipi, alcuni dei quali di uso universale e non di esclusivo appannaggio ingegneristico, già raccontati da un certo cinema di costume, dal teatro e dal cabaret.Battute veloci e stringate, ma con l’attualità e l’immediatezza della freschezza narrativa di Mirabelli, il tutto arricchito da simpatiche annotazioni di esperienze vissute e considerazioni sui temi di economia e di costume che caratterizzano questo lungo periodo di crisi economica che attanaglia l’Italia, in special modo l’Italia dei giovani. Elementi che non potranno mancare di interessare la generazione dei trentenni di oggi. Un tascabile leggero, spiritoso e pungente da leggere d’un fiato quando si è in metropolitana, in treno o in macchina quando si è fermi sulla Salerno-ReggioCalabria, ma anche quando si è in vena di ricordare come si era quando si aveva quella età, quando l’università era anche la prima grande esperienza fuori casa, quando ancora contava qualcosa di più sul piano sociale, quando pur senza mezzi si poteva ancora sperare di trovare un lavoro in linea alle proprie aspettative. Di questo giovane autore, attore e ingegnere, si apprezza la sua propensione umanistica e la ricchezza della sua fantasia teatrale in un mondo, in special modo il suo, in cui tutto sembra disumanamente digitalizzato.—————L’opera “Rosario Alcollo, che gran figura di nerd!” riceve nel 2018 una menzione speciale al Concorso Miglior Scrittura Comica del Premio Massimo Troisi (18° edizione) di San Giorgio a Cremano per la sezione ‘Opera inedita’ con la seguente motivazione della giuria: “Vivace parodia costruita per iperbole su uno stereotipo riconoscibile, che punta all’effetto comico con una buona varietà di opzioni e un efficace mosaico di dinamiche e ritmi.”Nel 2019 vince per la sezione ‘Monologhi’ il premio C.A.M.A. (Centro Attori Manifestazioni Artistiche) del concorso “Autori Italiani 2019” di Sipario-Portale dello Spettacolo, promosso, oltre che dalla prestigiosa rivista e dal suo direttore Mario Mattia Giorgetti, dalla Fondazione Teatro Italiano Carlo Terron e dal Centro Attori Italiano. La giuria riporta tali parole “Monologo ironico che denuncia il percorso inutile di due studenti: uno studia tanto e uno poco. Uno racconta in prima persona, l’altro è narrato. Linguaggio moderno e irriverente, critica feroce ai professori universitari, suddiviso in sezioni alterna due mondi: quello universitario e quello privato. Ottimo per i giovani, difficilissimo per gli anziani per le citazioni degli strumenti tecnologici.”