Spettro | La Rubrica di Zaritè

Oggi vi voglio raccontare una storia dal lieto fine, una senza casi umani e brutte figure, una storia di tre vite accozzate per caso e cambiate dall’amore. 

Dopo l’ultimo caso umano, avevo deciso di chiudere i battenti per un po’. Complice l’arrivo dell’inverno, mi trastullavo indolente nel mio piattume sentimentale, ringraziandomi per quella saggia decisione. Non che avessi dovuto faticare molto in realtà, in quanto ad inviti ero ai minimi storici. Fu così che, forse per la prima volta nella mia vita, iniziai a passare le mie giornate dedicandomi al 100% al mio unico obiettivo: la gratificazione di me stessa. Dividevo accuratamente il mio tempo libero tra vita sociale, palestra, hobby vari e qualche viaggetto qua e là, centellinandolo con meticolosità poichè, una volta che ne avevo compreso appieno l’immenso valore, mi ero sorpresa incredibilmente avara. In tutto questo marasma di impegni ovviamente, mi restava ben poco tempo da dedicare al mio piccolo peloso ed intrattabile animale domestico, Fluffy. Quando finalmente la sera rientravo in casa, il suo sguardo a metà tra lo scontroso e l’annoiato rompeva le acque del mio immane senso di colpa, lasciandomi inquieta e dispiaciuta tutta la notte. Fluffy era il ritratto dell’infelicità e della solitudine. Non sapevo proprio come affrontare questo problema. D’altronde, anche quando provavo a darle un po’ di attenzione, nel migliore dei casi mi respingeva scandalizzata, nel peggiore continuava a guardare fisso davanti a se’ come se fossi invisibile. Dunque neanche murarmi in casa sarebbe servito a farla stare meglio. Dopo tanto rimuginare, presi una decisione coraggiosa.

<< Che cooosaaaa? >> urlò Laura nello spogliatoio. Rimase incastrata nella divisa per lo sbigottimento, mentre cercava di sfilarsi la parte di sopra. 

<< Basta, ho deciso. Non c’è ragione che debba essere una povera zitella anche lei>> risposi decisa. 

<< Ma tu a malapena riesci a badare a te stessa, ora vuoi un altro coniglio?! >> continuava disperata lei, ancora intrappolata nel tutone verde. 

<< No io non voglio un coniglio, voglio un fidanzato per Fluffy!>> sorrisi.

Chiusi l’armadietto felice, uscendo saltellando dai corridoi dell’ospedale, verso casa. 

<< Si ma aiuto! >>.

Il grido strozzato di Laura penetrò attraverso le nuvole rosa; feci dietrofront e andai a liberarla dalle grinfie della divisa maledetta. 

Più tardi telefonai alla mia pet sitter di fiducia, raccontandole orgogliosa dell’idea che mi era appena venuta. Mariangela era un donnone biondo e simpatico, dalle unghie lunghe sempre decorate con fantasie stravaganti. Nella vita si occupava di un’associazione di recupero di animali esotici: girava instancabile tutta l’Italia reclutando sventurati roditori abbandonati e ridistribuendoli in famiglie ricche d’amore. Una specie di Robin Hood dei conigli insomma. La accompagnava nelle sue salvifiche imprese Simone, l’onnipresente marito, che per la maggior parte del tempo vestiva i panni dell’autista, pronto a partire guidando rabbioso per qualsiasi emergenza. Era a loro che mi ero rivolta disperata quando avevo trovato Fluffy tristemente parcheggiata davanti al mio portone. Avevo avuto il numero di telefono attraverso l’ennesimo caso umano del momento, che conosceva qualcuno che a sua volta conosceva qualcuno che conosceva a sua volta una pet sitter. E fu cosi che Mariangela si presentò alla mia porta, ispezionando la sfortunata bestia ringhiante e facendo un accurato sopralluogo del mio appartamento, eliminando fili e sollevando cavi finche non fu interamente a prova di roditore. Purtroppo, non aveva pensato ad eliminare anche le porte, che sono andate poi irrimediabilmente rosicchiate. Simone nel frattempo, preso dall’ilarità, scattava foto all’angolo che avevo predisposto per Fluffy, non riuscendo a trattenere le risa. Il motivo? Avevo scambiato la fieniera per un portaoggetti. 

<< E’ un miracolo che questo coniglio sia ancora vivo! >> rideva. 

Fu allora che finalmente capii perchè diamine Fluffy non si fidasse di me. 

Mariangela non era felice della notizia come mi aspettavo; o meglio, era sicuramente sorpresa, si, ma percepivo dal tono incerto della sua voce che non era proprio tranquilla all’idea di darmi un secondo animale, dopo aver inconsciamente attentato tutti i giorni alla vita del primo, salvatosi solo perchè, a quanto pare, più intelligente di quanto sembrasse. 

‘’Cavolo’’ pensai. Serviva un’opera di convincimento abbastanza impegnativa. Solo il mio fidato amico poteva aiutarmi. Aprii il frigo e presi una bottiglia di Prosecco, la stappai e me lo versai nel bicchiere. Sapevo che se fossi stata sentimentale al punto giusto, Mariangela avrebbe ceduto. Ma di certo non ero in grado di farlo da sobria. Parlammo del più e del meno, poi mi inviò qualche foto degli unici due conigli maschi che aveva a disposizione per adozione. Nino e Jack erano stati recuperati da un negozio di animali chiuso dopo un’incursione della Guardia di Finanza. Entrambi classici conigli nani, il primo era un po’ più massiccio, bianco e nero a macchie, decisamente anonimo e apparentemente simpatico. L’altro era più piccolo, con la testa affondata nelle spalle, completamente nero; a spezzare quella pece solo un filo di pelliccia bianca intorno al brevissimo collo a mo’ di collare. Aveva degli occhi neri giganti immersi in una spudorata faccia da schiaffi. ‘’Perfetto’’, mi dissi. 

Al secondo bicchiere a stomaco vuoto,  l’alcool iniziò a fare effetto. Era il momento giusto. Mi lanciai in un’accorata filippica su quanto soffrissi a vedere Fluffy in quel modo, di quanto mi sentissi responsabile della sua solitudine, di come non riuscissi a gestire il senso di colpa. Non era giusto condannare un animale a quelle condizioni, tanto valeva trovarle una famiglia che la amasse e le dedicasse il tempo che meritava. Toccai il tasto giusto. L’idea di avere non più due, ma tre conigli da sistemare, di cui una ormai segnata dai ripetuti abbandoni, allarmò Mariangela al punto di farla capitolare senza troppo sforzo. 

<< D’accordo, prima però dobbiamo fare l’inserimento. Vieni tu da me con Fluffy e me la lasci un po’ di giorni, intanto iniziamo a vedere se vanno d’accordo ok? >>

Non avevo ancora vinto la guerra, ma quella battaglia l’avevo spuntata. 

L’indomani misi Fluffy nel trasportino e mi recai da Mariangela. Jack era solo nella gabbia: Nino, il suo fratellino dall’aria gioviale, era stato adottato il giorno prima. 

‘’Certo che hanno preso Nino’’, pensai. Le persone sono prevedibili.

Pensai che Jack sembrava esattamente un coniglio. E soprattutto AVEVA l’aria da coniglio, spaurita e terrorizzata. A confronto Fluffy sembrava un Trudy, e ho sempre pensato che in fondo fosse convinta di essere una tigre: di certo non affrontava il mondo come un lagomorfo lissencefalo. 

<< Ok, adesso tu prendi Fluffy, li mettiamo tutti e due a terra, e li lasciamo annusarsi a vicenda. Interverremo solo se li vediamo attaccarsi ok?>>

<< Ricevuto capo >>. 

Iniziavo a pentirmi, mi sentivo inquieta. Conoscevo quella piccola irascibile palla di pelo; temevo che si sarebbe lanciata immediatamente sul minuscolo spaventato essere. 

La afferrai con circospezione e la posai all’interno dell’area protetta. La sua reazione mi sorprese, e mi fece sciogliere al tempo stesso. Non pensavo potesse essere possibile, ma Fluffy cambiò completamente espressione. Abbandonò il cupo disprezzante cipiglio e spalancò gli occhi, avvicinandosi curiosa a Jack. Per la prima volta da quando la conoscevo, aveva gli occhi vivi. Iniziò rapidamente ad annusarlo, interrompendosi ogni tanto per guardarlo, come se non si capacitasse di vedere un altro animale. Jack dal canto suo, restò completamente pietrificato. Mi chiesi se i conigli annoverassero tra le loro variegate e sorprendenti capacità anche quella di morire silenziosamente restando eretti. Mariangela cercava di spronarlo con qualche carezza affettuosa, ma lui seguitava nella sua perfetta imitazione della sfinge. Dopo un’oretta il massimo che riuscimmo ad ottenere fu che Jack accennò a respirare nonostante l’invadente interesse di Fluffy. 

A quel punto li salutai e con il cuore leggero andai a godermi un fine settimana di addio al nubilato (di qualcun’altra ovviamente) a Barcellona. 

Il lunedì tornai carica a riprendermi il mio bottino. Jack aveva la solita aria terrificata, Fluffy invece sembrava più tonica che mai. Ovviamente non diede il minimo segno di avermi- non dico riconosciuta- ma almeno vista. Mariangela mi disse che l’inserimento era stato un successo, non si erano mai azzuffati e sembravano andare d’accordo. 

<< Vedrai, le hai fatto un bellissimo regalo, Fluffy starà sempre meglio >>.

Mariangela ebbe ragione su Fluffy(beh in realtà io ebbi ragione, era tutta farina del mio sacco). I risultati non si videro subito, sia chiaro; il muro che quella strana bestiola si era costruita intorno era spesso e alto, ma pian piano si sgretolò.

La vita di Jack nella nuova dimora fu difficile inizialmente: viveva come se fosse in trincea a combattere una segreta guerra mondiale. Usciva soltanto di notte, si spostava da una parte all’altra della stanza strisciando lungo i muri e passava il tempo scavando inutilmente nel pavimento di marmo cercando di ricavare una tana, oppure studiando ogni singolo anfratto della stanza alla ricerca di un nascondiglio segreto. Lo trovavo un animale assurdamente bizzarro. Con me aveva uno strano rapporto: alla mia presenza cercava di dissimulare il terrore comportandosi con finta nonchalance, ma il risultato era comico. Anche per me la convivenza fu difficile: abituata allo sconcertante menefreghismo di Fluffy, sottovalutai gli avvertimenti generici sui roditori. Dovetti infatti, nell’ordine: ricomprare almeno tre caricabatterie IPhone, buttare dopo uno struggente addio le All Star bianche e nere che mi avevano accompagnato fedeli negli anni della gioventù ed infine intonacare una sezione di parete che Jack aveva preso come lima-denti. 

Dopo un tempo che mi parve un’eternità, Jack si tranquillizzò: smise di rosicchiare il rosicchiabile, lasciò in pace i miei caricabatterie e le mie scarpe, iniziò persino a correre e a saltare. Finalmente, quando smise di giocare ad American Sniper, si concentrò sulla conquista del difficile cuore di Fluffy. La coccolava pazientemente, le leccava il ciuffo senza lasciar fuori neanche un centimetro, le si accoccolava sempre vicino e strofinava il muso contro quello di lei. 

Con sgomento una sera notai che era lei a leccare le orecchie di lui. 

‘’Ma allora sei capace di fare coccole!Maledetta!’’

Con il tempo, Fluffy era diventata un altro animale: socievole, coccolosa, attiva. 

Ad un certo punto iniziò a tollerarmi. Poi a cercarmi. Alla fine nacque un sentimento che rasentava l’affetto.

Le trasformazioni dell’amore. 

Mi scaldava il cuore solo guardarli volersi bene.

Forse dopotutto dovevo ricredermi su quell’ostico argomento. 

Solo quando in casa si raggiunse l’idillio, ebbi il tempo di pensare ad una cosa fondamentale. 

‘’Si però Jack non si può sentire’’

Era stato l’anno del Trono di Spade, di cui ero una fan sfegatata. Lo spiacevole finale mi bruciava in petto ogni giorno, nonostante fossero passati mesi. Decisi di dargli un epilogo diverso, attraverso l’unico personaggio che non mi aveva deluso.  Non esisteva un nome più adatto ad un tipo così schivo. 

E così arrivò Spettro. 

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