
Cari amici, la mia rubrica riparte dopo una lunga pausa. Era difficile per me scrivere cose divertenti in un periodo tanto triste, ma ora sono pronta per ripartire insieme a tutta l’Italia.
Sperando di tornare a farvi ridere.
Correva l’estate del 2004 quando decisi di prendermi una cotta per Antoine, evento che ebbe come epilogo la più colossale figura di merda della mia esistenza.
Quell’anno avevo stretto amicizia con Melinda, una mia compagna di classe molto singolare, di quelle che a guardarla non penseresti mai che possa diventare tua amica. La classica secchiona della classe, che apparentemente tutto quello che tocca diventa oro, che è in grado di disquisire allo stesso modo e con la stessa intensità e correttezza di italiano e di fisica, di geografia e di storia dell’arte, che è egualmente un artista in disegno tecnico e disegno artistico, che ha 10 in educazione fisica cosi come in condotta. Come se tutto questo non bastasse, Melinda viveva anche di rendita perchè appartenente ad una famiglia di intere generazioni di autentici mostri a scuola. Insomma, un vero incubo. Eppure non riuscivi ad odiarla semplicemente perché era di una dolcezza e di una gentilezza disarmanti. Ma esserle amica, beh quello richiedeva un lavoro di autostima assolutamente notevole, e dunque impensabile per una ragazzina di 13 anni.
Il nostro incontro fu fortuito, e risalì a quella volta in cui i nostri professori, stanchi della bolgia costante presente nella nostra classe, decisero di tentare il tutto per tutto creando combinazioni improbabili tra vicini di banco, sperando che la poca confidenza con compagni non scelti sedasse un minimo il vociare incontrollato. Poveri stolti, pensare che rimescolare i banchi come fosse un mazzo di carte bastasse a tenere sotto controllo degli adolescenti. Difatti, dopo i primi giorni di spaesamento, gli schiamazzi ed il caos tornarono sovrani, anzi addirittura attizzati dall’entusiasmo delle nuove amicizie che avevano avuto modo di crearsi.
Fu esattamente cosi che iniziò la storia della nostra di amicizia, quella di me e Melinda. Non fu semplice per entrambe, ma sicuramente per me che non vedevo in che modo quel carattere pacato si potesse sposare con la mia sfrenatezza. Fui molto evitante e francamente antipatica ma lei, con la sua generosità e disponibilità, fu pazientemente in grado di conquistarmi. Mi sono sempre chiesta che cosa ci vedesse in me di così speciale da indurla a cotanti sforzi, ma probabilmente la risposta è: niente. Lei era semplicemente cosi, genuina, ben disposta, amorevole, e lo sarebbe stata con me come con una pianta grassa.
Tutto questo preambolo è assolutamente necessario per comprendere le dinamiche che si instaurarono in quella fatidica calda estate. Inserii Melinda nel mio gruppo satanico di amiche tredicenni e allo scoccare dell’ultimo giorno di scuola, partimmo alla conquista del nostro minuscolo paese. Divenne rapidamente la mia amica del cuore, scavalcando senza sforzo anni di confidenze ed ore passate insieme ad altre prima di lei. Scoprii che sicuramente non era ingestibile come me, ma mi seguiva nelle mie rocambolesche avventure con fedeltà e con l’atteggiamento protettivo di chi sa di possedere più sagacia ed ingegnosità. Inoltre capii anche che mi trovava incredibilmente divertente; mi convinsi che sapeva benissimo che quella sua vita perfetta non sarebbe stata abbastanza per renderla felice, e che aveva bisogno di un po’ di esilarante brio, che probabilmente individuò nella mia persona.
La mattina in cui questa avvilente storia iniziò, ci trovavamo nel ‘’Giornalino’’. Si trattava del nostro lavoretto estivo, un piacevole diversivo che ci consentiva di stare il più tempo possibile insieme e fuori di casa e allo stesso modo non contrariare i genitori che mal sopportavano quel quantitativo smisurato di ore investite ‘’in giro’’. Non era niente di particolarmente impegnativo: vendevamo oggettistica di vario tipo legata alla storia del nostro paese nella sede dell’associazione culturale. Inutile dire che gli incassi erano pari a 50 centesimi al mese circa, ma noi ci sentivamo felici e protette nel nostro caratteristico negozietto.
Era una mattinata importante: quella settimana sarebbe iniziata la Rievocazione Storica, il famoso corteo in costumi d’epoca medievali che si teneva ogni anno ed organizzato appunto dalla nostra associazione. Avevamo tantissime cose da preparare, e in genere in concomitanza con questo evento i guadagni si quintuplicavano arrivando a circa 2 euro totali. Mentre mi occupavo della riorganizzazione del materiale esposto in qualche modo che potesse renderlo minimamente più interessante, sentii entrare qualcuno. Melinda alzò pigramente il capo dal banco; le avevo finalmente trovato un difetto: per lei fare qualsiasi cosa al mattino era sempre un problema. Mi voltai e vidi il più bel ragazzo che avevo mai visto: alto, capelli castano chiari, occhi verdi dall’espressione dolce, mento leggermente allungato. Sicuramente molto più grande di me in età, ma all’epoca non badavo a queste sottigliezze. Sentii Melinda mugugnare un incerto <<Ciao>> a cui lui rispose subito, sorridendo come se si conoscessero da tempo. Intuii dall’accento che non era italiano. Diede un’accurata occhiata in giro, ammirando i poster, studiando la base di una colonna antica recuperata chissà dove, sfogliando le pagine dei libri intrisi di storia in vendita. Poi, leggiadro come era entrato, uscì scomparendo non prima di averci regalato il suo strano ciao. Non comprando nulla, chiaramente, come tutti.
Mi accorsi che avevo guardato tutta la scena a bocca aperta. Melinda scoppiò a ridere rumorosamente senza alcuna pietà.
<< Ma lo conosci?! >>, le gridai.
<< Ma si che lo conosco! E’ Antoine >>, disse come se fosse naturale conoscere un bellissimo uomo di nome Antoine.
<< EH?! >>
<< E’ il mio vicino di casa francese! Viene tutti gli anni in vacanza qui d’estate! Ma non l’hai mai visto?>>
Mi chiesi perchè mai avevo deciso di diventare amica di Melinda cosi tardi nella vita.
<< Melinda, da oggi farò tappa fissa a casa tua ogni giorno >> annunciai.
Si portò una mano alla fronte sconfortata.
E cosi iniziarono i nostri appostamenti. Ogni giorno prima di aprire il Giornalino, passavo a casa di Melinda e bevevamo insieme una spremuta d’arancia nel cortile, tenendo sott’occhio la casa in cui Antoine trascorreva le vacanze con la famiglia, Non si vedeva nulla a causa delle fitte tende, ma ci giungevano i suoni della musica rock che ascoltava. Antoine poi usciva verso le 17, faceva un rapido giro per il paese, ed ogni giorno passava davanti al nostro negozietto, salutandoci educatamente ma non entrando mai. Sembrava un ragazzo molto tranquillo, usciva da solo o con i genitori, al massimo con la sorella, strana creatura esotica che ebbe negli anni a venire un ruolo importante sul quadro delle relazioni sentimentali del nostro paesino.
Nel mio delirio adolescenziale mi convinsi che Antoine ricambiava il mio interesse: ero certa che mi guardasse a sua volta, sicura che anche lui mi stava studiando, e assolutamente persuasa del fatto che passasse ogni giorno davanti al Giornalino solo per vedermi.
Non considerai mai la possibilità che mi guardasse perchè aveva notato che apparivo magicamente ovunque fosse, che passasse di lì perché c’erano solo due strade nel paese, e che sembrava studiarmi probabilmente per capire se fosse il caso di denunciarmi per stalking.
Un giorno Melinda, stufa della vita da CSI in cui la stavo costringendo, esplose:
<< Basta!Ora tu ci vai a parlare e gli dici che ti piace, cosi finisce questa follia! >>
<< Melinda, cosa dici mai? Bisogna aspettare che prenda coraggio e venga lui da me, stai tranquilla che accadrà, solo qualche altro giorno di casuali incon….>>
<< NO!>> mi interruppe. << L’estate è quasi finita, a settembre di solito parte, vedi di darti una mossa >>
Rimuginai sulle sue parole tutta la notte. Decisi che non aveva proprio tutti i torti. Probabilmente Antoine era soltanto molto timido, e non conosceva l’italiano. Ma si, era chiaramente quello il motivo per cui non veniva a parlarmi. Di colpo, mi venne un’intuizione geniale: l’indomani ci sarebbe stato il famoso corteo della Rievocazione al quale avrei partecipato agghindata in un maestoso abito blu notte cucito dalla mia nonna. Di sicuro mi avrebbe vista e sarebbe rimasto colpito dal mio aspetto. Decisi che alla sera, a corteo finito, l’avrei cercato per confessargli i miei sentimenti, forte del fascino che sicuramente avrei esercitato su di lui nel corso della sfilata. Mi addormentai felice alle prime ore dell’alba.
Il grande giorno arrivò: la sfilata godeva di una grande presa sull’intero circondario, e il paese si riempiva di gente proveniente dall’intera vallata. Era la mia occasione. Mi feci una maschera dopo l’altra per levigarmi la pelle ed evidenziarne il candore, mi lavai i capelli ed andai dalla parrucchiera per farmeli intrecciare in una meravigliosa lunga treccia decorata con perline incastrate in modo studiatamente sparso tra le ciocche. Mi truccai leggermente indossando il rossetto color mattone che avevo rubato a mia madre e mi infilai il sontuoso vestito di velluto. Il risultato mi soddisfece alquanto; come già detto, in adolescenza soffrivo di un discreto delirio egoico.
Finalmente il corteo era pronto: iniziò l’elegante sfilata dal Castello lungo le vie arroccate del paese, accompagnato dal ritmo forte dei tamburi e dal suono alto delle chiarine. Camminavo felice al fianco del mio accompagnatore, un mio tarchiato compagno di scuola vestito da Templare, e lanciavo occhiate qua e là in cerca di persone che conoscevo. Vidi mia madre e mia nonna entusiaste che mi scattavano fotografie, mio padre scocciato ed impassibile, mio fratello e mio cugino che mi additavano ridendo e facendo smorfie. Tirai fuori la lingua. Un moderatore del corteo mi riprese << Niente smorfie!>>. Tornai a fare la bambola, ma non potei evitare di sorridere quando vidi tutto il mio gruppo di amiche poco più avanti, sorridenti ed orgogliose. Melinda alzò il pollice in segno di approvazione. Finalmente lo vidi: Antonie con tutta la sua famiglia, guardava incuriosito i figuranti, analizzando i particolari dei costumi. Diede segno di riconoscermi, senza particolari variazioni espressive. Mi impettì e cercai di sfilare con il miglior portamento di cui ero capace, già pregustando la catena di eventi che avrei messo in moto poche ore più tardi. Verso sera il corteo fece il suo approdo definitivo nella piazza principale, dove si sarebbe svolto lo spettacolo delle danze e degli sbandieratori, ci sarebbero stati i ringraziamenti, il discorso del sindaco e gli applausi. Ero stanca, avevo fame e non vedevo l’ora di correre dalle mie amiche. E soprattutto non sopportavo più le chiacchiere incessanti del mio accompagnatore, concentrata com’ero su quella ormai che tutte noi avevamo ribattezzato ‘’l’operazione Antoine’’.
Finalmente, lo spettacolo finale terminò nel plauso generale, e il corteo si riavviò verso il Castello, da dove era partito. Il momento che preferivo in assoluto era quelllo in cui, quando si era abbastanza lontani dagli occhi degli spettatori, si rompevano le fila ed i figuranti iniziavano a correre sparpagliati, non vedendo l’ora di liberarsi dei pesanti vestiti. Approfittai di quel momento per dileguarmi, fare un’inversione di rotta e correre verso casa di Melinda ancora vestita come una dama medievale. La trovai fuori in cortile che mi aspettava.
<< Finalmente! Sembrava non finire più! Ma che intenzioni hai vestita cosi? >> mi domandò perplessa. In realtà non ne avevo idea, ma non volevo perdere ulteriore tempo nel cambiarmi.
Ci posizionammo nel nostro solito angolo di appostamento gustandoci la nostra spremuta. Quella sera sembrava esserci più movimento a casa di Antoine: le voci si mescolavano concitate, interrotte da piccole esplosioni di risate e dal tintinnare dei bicchieri. Poco dopo, le tende si aprirono e lo vidi comparire sul balcone, proprio davanti a noi.
<< Mel! >> bisbigliai.
<< Lo vedo >>, rispose lei sul pezzo << Di solito più o meno a quest’ora esce >>
Lui ci guardava inespressivo, ormai abituato alle nostre incursioni, alzando una mano in segno di saluto. Diede un’occhiata distratta in giro per poi rientrare.
<< Ecco, adesso scende sicuramente. E’il momento, dai avvicinati alla porta >> mi ordinò Melinda.
<< Ma come alla porta?Che faccio lo aspetto lì davanti?Non sembrerei pazza?>>
<< Ormai, più di cosi è impossibile!! >> eclamò lei esasperata.
Decisi di ascoltarla, in genere Melinda aveva sempre ragione.
Mi avviai con il mio bel vestito anacronistico mentre lei mi aspettava seduta in cortile. Mi giravo di tanto in tanto a guardare i suoi gesti di incoraggiamento. Sentii dei movimenti sempre più distinguibili dall’interno della casa. Mi avvicinai accelerando il passo.
All’improvviso scivolai sulle incerte ciabatte di tessuto che era indispensabile indossare sotto il vestito. Non riuscii in nessun modo ad impedire la caduta, e precipitai rovinosamente a terra proprio nel momento in cui Antoine apriva la porta, atterrando a faccia avanti a pochi metri dalla soglia. Attorno a me, il silenzio. Ma non fu questo il peggio. Quando ripresi un minimo di percezione, mi resi conto di essere atterrata su qualcosa di molle. E caldo. E molto puzzolente. Inorridii.
Vidi delle All Stars nere a pochi centimetri dalla mia faccia. << Tutto ok? >>, riconobbi l’accento straniero. Cercai di sollevare il viso di pochi centimetri e mi resi conto che le All Stars non erano l’unico paio di scarpe presenti nel mio limitato raggio visivo. Difatti, poco più a destra, sostavano delle ballerine blu abbellite da un fiocchetto dello stesso colore.
Faticosamente mi levai a sedere rifiutando la sua mano, poichè la mia era impiastricciata di cacca. Lo guardai, la mano che aveva teso rapidamente ritratta all’indecente spettacolo, l’altra attorcigliata saldamente ad una mano femminile. Ne seguii i contorni per approdare tristemente sul viso di una bellissima ragazza francese- la sua fidanzata- che mi fissava esitante e disgustata.
<< Scusate >> mormorai mortificata, e mi alzai. Vidi che mi ero schiantata sulla indecorosa deiezione di un cane; a giudicare dalle dimensioni della stessa doveva essere un animale di taglia gigantesca. Realizzai che avevo completamente battezzato il corpetto del mio regale vestito. Immaginai il colpo apoplettico che avrei inflitto a mia nonna.
Melinda giunse affannata alle mie spalle << Ti sei fatta m…>>
Le sue parole caddero nel vuoto cosmico.
Lacrime di vergogna mi scorrevano silenziose lungo le guance.
Avrei stanato quella creatura malefica e le avrei dato una bella lezione.
Melinda afferrò una parte della gonna che era rimasta intaccata e mi trascinò via.
<< Ciao Antoine>>, la sentii dire.
L’estate finì, i vacanzieri partirono, e il Giornalino chiuse con ben 10 euro di incassi da giugno a settembre. Come appresi in seguito grazie alle indagini di Melinda, la fidanzata di Antoine li aveva raggiunti per qualche giorno giusto per assistere alla Rievocazione. Dopo l’increscioso incidente non uscii più; ripresi a farmi vedere in giro solo quando eravamo certe che fosse tornato in Francia. In realtà, non vidi Antoine mai più: negli anni a seguire non tornò; probabilmente il ricordo di quel gruppo di tredicenni scatenate lo convinse a desistere.
Quanto a me, non trovai mai quel maledetto cane, ma sicuramente il bagno nella sua cacca fece fuggire a gambe levate quelle manie di grandezza che tanto spesso mi avevano messo nei guai.