Il mio primissimo incontro con un caso umano di eccellenza risale a circa 10 secondi dopo aver inalato il mio primo respiro, nella forma di mia madre.
Seguirono altri incontri del terzo tipo con esseri stravaganti che posso sommariamente includere nel gruppo ‘famiglia’. Ma questa è tutta un’altra storia.
In questa rubrica vorrei concentrarmi piuttosto su quelli intercettati nel corso della mia turbolenta vita sentimentale (se così si può chiamare), poiché il completo stravolgimento delle relazioni cosi come ce le hanno insegnate appare il tema più scottante nel nuovo millennio.
Nella mia personale esperienza ritengo di poter offrire un vasto campionario dell’umanità, che mi piacerebbe anche commentare con voi eletti.
Dunque direi di cominciare con il primo capitolo: FABIO.
Fabio a casa mia fa rima con strazio.
La nostra fu un’amicizia forzata da circostanze esterne. Si dà il caso che – per eventi rocamboleschi di cui ignoro l’esatta successione – le nostre madri siano le uniche americane trasferitesi dagli Stati Uniti in un paesino sperduto negli Abruzzi, inserito nelle cartine soltanto dopo l’avvento di Google Maps. Unite in questa comune tragedia, incontratesi per caso in quello sputo di mille anime, divennero l’una la spalla dell’altra in una realtà ostile e brutale, fatta di arrosticini, statue di santi trasportate a braccio in processioni grottesche e transumanza sfrenata.
‘’Quando arrivai qui non c’era neanche la televisione. Ne avevano una per quartiere. L’unico che ce l’aveva nel nostro era Peppino, e quando volevamo guardare il telegiornale dovevamo andare tutti a casa sua. Ti rendi conto?Lo capisci che cosa ho passato?’’. Mi raccontava mia madre con gli occhi sbarrati, i cerchi enormi alle orecchie che ondeggiavano pericolosi.
Mia madre e la signora Margaret diventarono grandi amiche per via di questa terribile storia della televisione mancata, e dunque quando nacqui pensarono fosse cosa buona e giusta lasciarmi giocare con Fabio, o meglio, lasciare che lui dall’alto del suo anno e mezzo mi utilizzasse come nuovo cicciobello da compagnia. E così passarono gli anni seguenti; lo vedevo piuttosto regolarmente, ci trovavamo bene insieme ed ero assolutamente convinta che fosse il mio migliore amico.
Sicchè un bel giorno la comitiva presso la quale passavo tutti i miei pomeriggi, ossia quella di mia nonna, nutrice della mia colpevole madre, iniziò ad instillarmi i dubbi che portarono al rovinoso sgretolamento del mio idillio.
‘’Ma quindi tu ogni giorno giochi con Fabio?’’, mi chiedeva sogghignando maliziosa la signora Filomena, moglie di Peppino, antichi detentori dell’unica televisione del circondario.
‘’Ma non è che a Fabio gli piaci un po’ eh?’’, sorrideva la signora Elvira, sorella della parrucchiera accanto la casa della mia nonna, responsabile della mia improponibile capigliatura di quegli anni.
PIACI?
‘’Ma forse in realtà piace a te Fabio!’’, urlò l’ennesima signora Americana, figlia di emigrati degli anni ‘30 a cui piaceva passare le vacanze estive in quel posto dimenticato pure da Dio, ma non da lei.
‘’Aaaahh e la vedi questa qua, già ti sei fatta il fidanzato! Siamo diventate signorine?’, disse ridendo il marito di quest’ultima.
FIDANZATO?
Non avevo idea di come affrontare quella conversazione. Non riuscivo a capire di cosa stessero parlando.
Arrivò in quel mentre mia madre, che alla parola fidanzato è ancora solita attivarsi come la giostra di un luna park.
‘’Oddio, e quindi ti sei fidanzata con Fabio?’’, mi chiese tutta contenta.
Guardai mia nonna, che sorrideva a trentadue denti.
Non sapevo cosa rispondere nè cosa diamine fosse un fidanzato, ma a giudicare dalle loro reazioni doveva essere una cosa stupenda. E Fabio per me lo era, era il mio fedele amico di giochi da anni ormai! Quindi a posteriori potrei concludere che la mia testa di treenne creò la seguente equazione: fidanzato =cosa stupenda = Fabio.
‘’Dunque Fabio è il mio fidanzato, hanno ragione loro!’’, mi illuminai tra me e me.
E fu così che risposi di si, in un tripudio di giubilo generale, felice di aver ricevuto quella rivelazione, e non vedendo l’ora di comunicarla al diretto interessato.
Ma durò poco, esattamente una settimana: la mia prima sberla cosmica mi aspettava proprio sulla soglia della porta della scuola materna, il primo giorno.
Ero impaurita e di malumore: non ero esattamente una bambina molto aperta e collaborativa, ma in fondo ero abbastanza tranquilla dal momento che conoscevo già la maggior parte della mia classe. E poi c’era Fabio, dunque non avevo niente da temere.
Come previsto infatti, la giornata fu tranquilla e senza particolari intoppi.
Dopo pranzo arrivò la solita ora d’aria in giardino, come in ogni luogo di reclusione che si rispetti. Mi precipitai verso lo scivolo dove intravidi Fabio intento a giocare con un’altra bambina.
‘’Ciao Fabio!’’, urlai.
‘’Ciao..’’, mi rispose distrattamente.
Mi corrucciai. Perchè mi ignorava seguitando a giocare con l’altra bambina? Inoltre, da dove era spuntata quella?E soprattutto, chi era?
Continuai ad orbitare attorno a loro, nella speranza vana di spezzare quell’inscindibile duo.
Una maestra in lontananza ci guardava; ad un certo punto della sua osservazione doveva aver concluso che lo spettacolo era stato penoso abbastanza. Avanzò verso di noi decisa a porvi una fine.
Si curvò su di me sorridendo, indicandomi un altro bambino seduto sul prato:
‘’Perchè non vai a giocare con Fabrizio?Vedi che è lì tutto solo?’’
‘’Ma no!’’, le risposi con gli occhi spalancati, come se mi avesse fatto una proposta indecente.
‘’Perchè no?’’, mi chiese stupita.
‘’Perchè Fabio è il mio fidanzato e quindi io devo giocare con lui’’, dissi con tono di chi dichiara la cosa più ovvia del mondo.
A quel punto si intromise il povero Fabio, che gridò in tono di protesta:
‘’Ma non è vero, la mia fidanzata è Simona!’’
CHI E’ SIMONA?
Cadde un silenzio imbarazzante.
La maestra sembrava sul punto di svenire, maledicendosi per essersi infilata in quel triangolo maledetto, ripetendosi all’infinito ‘’tra moglie e marito mai mettere il dito’’.
Ecco chi era quella maledetta bambina con i riccioli e la pelle olivastra.
Rimasi sinceramente interdetta. Che cosa aveva di più di me? Perchè preferiva lei a me?Non mi sembrava più carina di me, non ci vedevo niente di speciale.
E mi feriva la fierezza con cui l’aveva difesa dalle mie illazioni, io che supponevo essere il centro del suo mondo.
Mi voltai e mi rintanai in un angolo a piangere.
Fabio e Simona non sembravano minimamente distratti da quell’intrusione, continuando a giocare come se nulla fosse accaduto.
La sventurata maestra ormai alle lacrime cercò di consolarmi, ottenendo di rimando soltanto dei guaiti da faina ferita.
Quando tornai a casa proseguii ad abbaiare contro mia madre, che insieme alla combriccola pre-ospizio mi aveva teso un terribile tranello in questa faccenda del fidanzato, dimenticandosi di avvertirmi di un piccolo particolare: l’altra persona implicata doveva quantomeno essere d’accordo!
E soprattutto mi aveva imbrogliata sostenendo che la scuola materna era un posto bellissimo in cui avrei fatto molti amici e le bambine sarebbero state tutte carine.
Si come no. Talmente carine che mi avevano già scippato il migliore amico/quasi fidanzato.
Non giocai mai più con Fabio, e penso che per diversi anni non lo salutai neanche più.
E questa prima patetica avventura gettò le solide splendide basi per quelle a venire: diffidenza verso il genere umano, sfiducia nella propria genitrice, repulsione verso le figure di insegnamento e verso i luoghi pubblici.
Al prossimo caso disperato!
eccoci qui con il primo articolo….ammetto che non vedevo l’ora di leggerlo.
Mi ha fatto tornare in mente come anche io abbia conosciuto un piccolo “Fabio” di cui in realtà nemmeno ricordo il nome…sob!
Al prossimo articolo mia cara,
tanti baci
Marti
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