Recensione “La strada per Be’er Sheva” di Ethel Mannin

È il 15 luglio 1948 e in Medio Oriente infuria il conflitto arabo-israeliano. Le truppe delle Forze di Difesa Israeliane occupano la città palestinese di Lidda e iniziano a uccidere o espellere la popolazione araba, causando l’esodo di un numero enorme di persone. Tra le persone che fuggono c’è la famiglia di Butros Mansour, costretto a scappare insieme a sua moglie di origine inglese e al figlio di dodici anni, Anton. Questa tremenda esperienza segna profondamente il ragazzo, che alla morte del padre è costretto a trasferirsi in Inghilterra. Ma per Anton vivere in Inghilterra equivale a un esilio e nella sua mente prende vita una vera e propria ossessione: riuscire a tornare nella propria terra e unirsi alla resistenza. Pubblicato nel 1963, “La strada per Be’er Sheva” è stato il primo romanzo occidentale in assoluto a raccontare dal punto di vista palestinese la Nakba, la pulizia etnica operata dalle milizie sioniste nel 1948 e il conseguente esodo, ma è prima di tutto un racconto emozionante, una vicenda umana scritta con grande maestria da un’autrice perfettamente a suo agio nel padroneggiare una materia che non ha mai smesso di essere scottante.

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Titolo: La strada per Be’er Sheva
Autore: Ethel Mannin
Editore: Alcatraz Edizioni
Genere: Narrativa
Data pubblicazione: 23 Maggio 2025
Voto: 4.5/5

Classificazione: 4.5 su 5.
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Recensione

Bentornati, lettori. Oggi vi parlo di una nuova collaborazione con Alcatraz Edizioni per il libro “La strada per Be’er Sheva” di Ethel Mannin. Nata a Londra nel 1900 e scomparsa nel dicembre del 1984, Mannin ha scritto oltre 100 libri.

Il suo romanzo, pubblicato nel 1963, è stato il primo libro occidentale a raccontare la Nakba (l’esodo palestinese) dal punto di vista palestinese. Scritto in risposta al famoso romanzo Exodus di Leon Uris, è stato anche tradotto in arabo, ottenendo un grande successo.

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Nel luglio del 1948, durante il conflitto arabo-israeliano, la famiglia di Butros Mansour è costretta a fuggire dalla città di Lidda, in Palestina. Il figlio dodicenne, Anton, rimane profondamente segnato da questa esperienza e, dopo la morte del padre, si trasferisce in Inghilterra con la madre. Considera il suo soggiorno in Inghilterra come un esilio e sviluppa il desiderio di tornare nella sua terra natale per unirsi alla resistenza.

Partendo da premesse così alte, avevo grandi aspettative per questo libro, ma temevo che, trattandosi di un’opera di oltre mezzo secolo fa, la scrittura potesse risultare pesante. Invece, posso dire fin da subito che il testo scorre via che è una bellezza, l’ho finito in meno di due giorni ed è stata una lettura estremamente piacevole. La scrittura (e la traduzione) è eccellente, fluida, non annoia e non ci sono momenti morti o parti superflue.

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Il libro racconta una storia di esodo di cui non ero a conoscenza e ritengo sia stata un’ottima idea portare questo testo anche in Italia. Tuttavia, sono rimasta un po’ insoddisfatta dal fatto che il protagonista e la sua famiglia siano, in realtà, dei privilegiati. Lui arriva addirittura a studiare in scuole d’élite in Inghilterra. È facile, in queste circostanze, trattare le storie di persone e famiglie che, grazie ai loro privilegi, sono in parte protette dalla sofferenza che altri, senza le loro stesse possibilità, invece subiscono.

Nonostante questa mia riserva, il libro è molto bello e affronta diverse tematiche. La principale è, ovviamente, la Nakba, di cui, come ho detto, non ero a conoscenza. Ma c’è molto altro: vediamo gli ideali di una nazione che crescono in un giovane, metà inglese e metà palestinese, che si sente più arabo che europeo. Un altro aspetto interessante è che si tratta di un arabo cristiano, non musulmano, e questo evita alla famiglia ulteriori limitazioni nella vita che, come viene fatto notare al protagonista durante il suo fidanzamento, sarebbero state presenti se fossero stati musulmani. Dall’altra parte, in Inghilterra, Anton incontra il suo primo amore, una ragazza ebrea che nasconde la sua identità. Quando il protagonista lo scopre, la allontana, nonostante lei fosse ben disposta nei suoi confronti, al di là della sua famiglia.

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Insomma, le tematiche sono molte. Probabilmente, sotto alcuni punti di vista, le scelte dell’autrice sono state fatte per non appesantire ulteriormente la narrazione, ma in ogni caso si tratta di un testo interessante, godibile e scritto benissimo. Voto 4.5/5

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