Bentornati, lettori! Oggi sono entusiasta di parlarvi di una serie Netflix che attendevo con impazienza: La Ragazza di Neve. Si tratta dell’adattamento dell’omonimo libro, che ho avuto il piacere di leggere solo pochi mesi fa. Se siete curiosi di approfondire il romanzo prima di tuffarvi nella serie, trovate la mia recensione completa a questo link.
“La Ragazza di Neve” è una miniserie thriller spagnola che ha catturato l’attenzione del pubblico globale su Netflix. Basata sull’omonimo romanzo best-seller di Javier Castillo, la serie si dipana attraverso sei avvincenti episodi, immergendoci in un mistero glaciale che ci terrà con il fiato sospeso dal primo all’ultimo minuto. È un prodotto di Atípica Films, che ha saputo portare sullo schermo con maestria l’intrigante trama del libro.
La storia prende il via a Malaga, nel 2010. Qui, durante la tradizionale parata dei Re Magi, un evento festoso si trasforma in un incubo agghiacciante: la piccola Amaya Martín, di soli cinque anni, scompare nel nulla, inghiottita dalla folla in festa. Questo evento traumatico non solo devasta i suoi genitori, la cui disperazione è palpabile e straziante, ma scuote profondamente l’intera città, lasciando dietro di sé un vuoto incolmabile e infinite domande.
Al centro di questa complessa indagine troviamo Miren Rojo, interpretata da una straordinaria Milena Smit. Miren è una giovane giornalista stagista tormentata da un passato traumatico, un dolore che la rende quasi ossessionata dal caso di Amaya. In questa tragedia, Miren rivede un eco del suo stesso soffrire, spingendola a condurre un’indagine parallela, spesso controcorrente rispetto alle autorità. Ad affiancarla, o a volte a frenarla, c’è Eduardo (José Coronado), il suo mentore al giornale, un giornalista esperto e cinico che, nonostante tutto, cerca di guidare la sua giovane allieva. Dall’altra parte, l’ispettore Millán (Aixa Villagrán) rappresenta l’approccio più tradizionale e rigoroso delle forze dell’ordine, trovandosi spesso in conflitto con le intuizioni e le mosse non convenzionali di Miren. Infine, i genitori di Amaya, interpretati da Loreto Mauleón e Raúl Prieto, ci mostrano con toccante realismo il dramma inimmaginabile di chi vede la propria vita distrutta da una scomparsa così inspiegabile.
“La Ragazza di Neve” esplora temi profondi e universali. Il trauma e l’ossessione sono centrali, mostrando come un evento così devastante possa segnare indelebilmente le vite dei protagonisti. La ricerca della verità viene indagata attraverso diverse prospettive – quella investigativa della polizia e quella più intima e perseverante del giornalismo. La serie non si tira indietro dal mostrare il lato oscuro dell’anima umana, tra segreti, inganni e atti efferati, e al contempo riflette sulla forza (o sulla sua assenza) della speranza di fronte all’incertezza e alla perdita. Il ruolo dei media viene analizzato con acume, evidenziando la loro influenza sulle indagini e sulla percezione pubblica.
Questa serie è un thriller avvincente, costruito con una trama ricca di colpi di scena che tengono lo spettatore incollato allo schermo. Il suo ritmo incalzante e l’atmosfera cupa e misteriosa, abilmente creata da una fotografia suggestiva e da ambientazioni azzeccate, contribuiscono a un senso costante di inquietudine. Le interpretazioni del cast sono straordinarie, rendendo i personaggi profondamente umani e credibili. È un adattamento abbastanza fedele del romanzo di Javier Castillo, che riesce però ad arricchire la narrazione con proprie sfumature, e il suo rapido successo di pubblico a livello mondiale su Netflix ne è la prova evidente della sua qualità e capacità di coinvolgimento.

Avevo “La Ragazza di Neve” nella mia lista di serie da guardare da parecchio tempo, ma stranamente non avevo ancora letto il libro. Avevo acquistato l’edizione economica con uno sconto TEA, e per un po’ è rimasto lì, in attesa. Poi, un giorno, mentre riordinavo la libreria, mi è capitato tra le mani e l’ho letteralmente divorato in un battibaleno. È stato a quel punto che mi sono ricordata della serie in lista, ed eccomi qui, pronta a raccontarvi la mia esperienza.
Devo dire che l’adattamento è veramente ben fatto. Come potete vedere dalla mia recensione del libro (che ripropongo qui), il romanzo è un continuo salto di punti di vista: dalla quotidianità dei rapitori alla parallela ricerca della ragazza e alla storia della nostra protagonista, la giornalista investigativa. Nella serie, per i primi tre episodi, ovvero per metà della storia, la prospettiva dei rapitori o della bambina dopo il rapimento non viene mostrata. Questo, per chi ha letto il libro, può risultare un po’ strano inizialmente. Tuttavia, la seconda parte della serie esplode letteralmente, catturando lo spettatore anche senza aver letto il romanzo.
I registi si sono presi alcune libertà rispetto alla storia originale, ma devo ammettere che, rispetto ad altre trasposizioni cinematografiche di libri che ho visto, questa si può definire fedele al testo. A testimonianza di ciò, nella parte finale della serie, nell’ultima puntata, si vede persino la copertina originale del libro che si integra nella narrazione stessa. Sono rimasta piacevolmente colpita da questa scelta e dall’intera resa.
