In questa intervista toccante e profonda, incontriamo Amabel P., autrice di “Il mio coraggio”edito Be Strong edizioni, un libro che è molto più di un semplice racconto: è un diario intimo e crudo che documenta quindici anni di lotta personale contro le ingiustizie burocratiche e fiscali.
L’autrice condivide la genesi di questo progetto coraggioso: la spinta a trasformare un dolore privato in un atto di resistenza civile e una voce per chi non ha il coraggio di parlare. Dalla scelta del formato diaristico, che ne amplifica l’onestà emotiva, al valore terapeutico della scrittura, Amabel P. rivela come sia riuscita a non arrendersi. L’intervista culmina in un appello potente: l’importanza di non vergognarsi, di lottare fino in fondo e l’obiettivo di innescare un dibattito pubblico che porti a un cambiamento legislativo duraturo. Un’autentica lezione di tenacia e resilienza.
Acquista il libro su Amazon -> link affiliato
“Il mio coraggio” è un titolo potente per un libro che è, in sostanza, un diario di un’esperienza lunga quindici anni. Qual è stato il momento esatto in cui ha deciso che questa storia personale e dolorosa dovesse uscire dalle sue pagine private e diventare un libro da condividere con il pubblico?
Decidere di pubblicare il mio diario non è stato facile. Per anni è rimasto qualcosa di molto personale. Poi un giorno una mia amica, che mi ha sempre ascoltata e sostenuta, mi disse: “Scrivi tutto quello che stai vivendo. Se non lo fai per te, fallo per chi non ha il coraggio di lottare. Magari tu non otterrai quello che vuoi, ma potresti dare forza a tante altre persone.”
La parola “coraggio” è tornata subito più volte in quella conversazione, e proprio da lì è nato il titolo del libro.
Il formato del diario rende la sua narrazione estremamente intima e cruda. Perché ha scelto proprio il diario come struttura per raccontare una vicenda così complessa di ingiustizia burocratica e non, ad esempio, una narrazione in terza persona? Quanto è stato difficile mantenere questa onestà emotiva nel ripercorrere i fatti?
Non ho mai pensato di raccontare questa storia come un romanzo o in terza persona. Volevo che fosse un vero diario di vita, perché è la mia vita quella che sto raccontando.
La prima parte del libro ripercorre i primi quindici anni, ed è stato più difficile esprimere fino in fondo le emozioni di quel periodo. Se avessi scritto quelle pagine mentre le stavo vivendo, sarebbero state ancora più crude. Ma anche così, ho cercato di restare il più sincera possibile nel raccontare ciò che ho provato.
Per lei, la scrittura è stata un atto terapeutico, un’arma di resistenza civile o entrambe le cose? Come l’ha aiutata, nel corso di quei quindici anni?
Durante quei quindici anni pensavo solo a trovare una soluzione alla mia situazione. Non mi era nemmeno passato per la mente di scrivere quello che stavo vivendo. L’idea di mettere tutto su carta è arrivata dopo, come un modo per fare qualcosa sia per me stessa sia per chi, come me, stava affrontando ingiustizie simili.
La scrittura è diventata così un atto terapeutico ma anche una forma di resistenza. È stato impegnativo, soprattutto durante la correzione: rileggendo tutto, ho dovuto rivivere momenti davvero bui. Ma proprio questo mi ha aiutata a rimettere ordine, a dare un senso e, in parte, a liberarmi.
Se dovesse indicare la singola lezione più importante che i lettori dovrebbero trarre dalla sua esperienza raccontata nel libro, quale sarebbe?
La lezione più importante è di non vergognarsi. Chi è onesto spesso si sente in colpa anche quando non ha fatto nulla di sbagliato, e finisce per nascondere i propri problemi. Invece è proprio parlando e raccontando che ci si libera.
E poi, un’altra cosa fondamentale: bisogna lottare. Le ingiustizie sono tante, ma arrendersi non porta mai alla soluzione. Continuare a battersi, anche quando sembra difficile, è l’unico modo per cambiare davvero le cose.
Come si sente oggi, dopo la pubblicazione del libro, e quale spera sia l’impatto a lungo termine di “Il mio coraggio” sul dibattito pubblico riguardo le ingiustizie fiscali e la condotta delle agenzie di riscossione?
Quando ho avuto tra le mani la prima copia del mio libro-diario, mi sono sentita davvero orgogliosa. Orgogliosa di aver fatto qualcosa che non avrei mai pensato di riuscire a fare, orgogliosa di avere finalmente un lavoro “serio” da presentare ai ministri e ai giornalisti che sto contattando. E, soprattutto, orgogliosa di aver avuto il coraggio — sempre quella parola — di raccontare la mia storia.
Adesso arriva la parte più difficile: far sì che questo libro arrivi alle istituzioni che possono davvero cambiare le cose.
Per questo chiedo l’aiuto di tutti: perché solo insieme possiamo far sentire la nostra voce e portare alla luce le ingiustizie che troppi vivono in silenzio.
Quali sono i suoi progetti futuri? Pensa di continuare a scrivere, magari esplorando altri generi o storie?
Di progetti ne ho molti, ma il primo — e per me il più importante — è riuscire a far cambiare quelle leggi che hanno permesso tutto ciò che sto vivendo. Anche perché, purtroppo, io sono ancora in mezzo a questa situazione.
Il tema delle ingiustizie mi sta molto a cuore, e non escludo di continuare a scrivere. Potrei dare voce anche ad altre persone che stanno affrontando problemi simili, perché queste storie meritano di essere ascoltate e non più ignorate.
Un ringraziamento sincero ad Amabel P. per aver condiviso la sua esperienza con una tale onestà e determinazione. La sua testimonianza, raccolta in “Il mio coraggio”, non è solo una storia personale, ma un fondamentale strumento di sensibilizzazione e un grido d’aiuto per tutti coloro che vivono ingiustizie simili in silenzio. Vi invitiamo a leggere il suo libro e a unirvi alla sua battaglia per far sì che questa importante voce raggiunga le istituzioni e possa finalmente dare il via ai cambiamenti necessari. Il coraggio di una può diventare la forza di molti.
