IL PROTAGONISTA, SILVIO: ALLEGORIA DI UNA CIVILTÀ IMPRODUTTIVA | Francesco Mazza #3 Tappa Blogtour

Il terzo e ultimo tema centrale di “Estinzione” è una satira sul lavoro nell’economia post-terziaria, dove il protagonista, Silvio, è l’allegoria di una civiltà improduttiva.

Silvio lavora in un’agenzia di comunicazione: il suo sforzo si traduce in report, slide e parole che non generano nulla di reale. Egli incarna la caricatura perfetta di una società che ha smesso di produrre beni concreti per generare solo simulacri e segni. L’ufficio è il palcoscenico di un lavoro inutile che esiste unicamente per tenere in piedi un sistema. Il romanzo sfrutta la forza satirica per descrivere colleghi ridotti a cliché e una “produttività” che è pura finzione.

L’analisi va oltre il plusvalore marxiano: il lavoro diventa un mero “teatro di sopravvivenza”, una messinscena per consumare il salario. Silvio è sterile non solo biologicamente (rivelato da uno spermiogramma), ma anche socialmente: non genera né figli né opere. Egli simboleggia una civiltà che ha perso la capacità di creare, capace, per contrasto, di produrre solo nostalgia.

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L’ufficio open space, con i suoi rituali superflui, diventa l’allegoria di un mondo che si autodistrugge fingendosi produttivo. Questo tema si interseca con gli altri nuclei: se la coppia è sterile (tradimento) e la tecnologia è sterile (ordigni), anche il lavoro lo è. Tutto converge verso l’estinzione: personale, affettiva e collettiva. Silvio, moderno Zeno, è un personaggio tragico e comico che testimonia un’epoca che resiste solo registrando la propria inutilità quotidiana.

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