Il secondo nucleo tematico di “Estinzione” di Francesco Mazza è la critica feroce alla tecnologia – smartphone, social media e l’iperconnessione – descritta come “ordigni” di omologazione e
silenziosa distruzione.
Il protagonista, Silvio, vede in questi strumenti una moderna sigaretta sveviana: un vizio universale che promette piacere immediato ma prepara una catastrofe. Il romanzo riprende il paradosso di Fermi e suggerisce che le civiltà avanzate si estinguono non per cataclismi violenti, ma per un logoramento interno: l’eccesso di progresso (gli algoritmi che sostituiscono il pensiero) elimina il libero arbitrio, spegne il desiderio e porta a una lenta, silenziosa estinzione per noia.
Gli smartphone sono definiti “ordigni” perché, pur avendo la forma di accessori quotidiani, possiedono una potenza distruttiva: non uccidono, ma anestetizzano e rendono sterile l’individuo. L’anima si appiattisce nella ripetizione (selfie, post, like), cessando di scegliere, desiderare e rischiare.
In questo senso, “Estinzione” trascende la narrazione privata per diventare un romanzo politico. Denuncia la dipendenza digitale come una nuova forma di alienazione, persino più radicale di quella marxiana, perché annulla il conflitto: non c’è più padrone né schiavo, ma solo un flusso continuo di contenuti che consuma l’essere umano dall’interno. L’estinzione, dunque, non è un rischio futuro, ma è già in atto ogni volta che si scorre lo schermo.
