Recensione “La dannata” di Luigi Quarta Colosso

Marta è una giovane e bella contadina di Nardò, un paese del Salento. Il tacco d’Italia nel tardo Medioevo è un luogo dove la povertà è una condanna da scontare sotto il giogo del nobile di turno. Salvatore è un pescatore orfano che sfugge alle angherie vivendo ritirato tra il piccolo porto di Santa Caterina e la sua pagghiara. Le vite dei due ragazzi si incrociano e presto si innamorano, nascondendosi dai compaesani. Quando Salvatore si decide ad affrontare il padre della sua amata, quest’ultimo si rende partecipe di uno scontro violento.

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Il matrimonio può essere celebrato, ma la festa viene funestata dalla prepotenza del Barone Tondi D’Arneo. La tensione tra lo strato più umile della popolazione e l’arroganza dei padroni giunge all’apice. L’antica leggenda riportata in questo romanzo svela l’origine della Rupe della Dannata, che sovrasta ancora il Parco Naturale di Porto Selvaggio.

Titolo: La dannata
Autore: Luigi Quarta Colosso
Editore: Scatole parlanti
Genere: Narrativa
Data pubblicazione: 28 Giugno 2023
Voto: 5/5

Classificazione: 5 su 5.

Recensione

Ben tornati a tutti lettori, torno a scrivere per parlarvi di un libro della casa editrice Scatole Parlanti con cui ho il piacere di continuare la collaborazione. La Dannata è il primo romanzo dell’autore Luigi Quarta Colosso e ho avuto il piacere di leggerlo e recensirlo.

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Nel Salento vi è un comune Nardò, situato nella provincia di Lecce nella zona nord-occidentale sul litorale ionico. Nell’Italia del tardo medioevo la povertà era una piaga e una condanna a vita da scontare sotto il controllo del nobile di turno, verso cui si aveva molto spesso un debito che se non pagato sarebbe stato ereditato dai figli. In questo caso il nobile sopracitato è il Barone Tondi D’Arneo, uomo prepotente che attraverso i suoi sgherri controlla e opprime la popolazione del luogo.

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Marta è una giovane contadina, figlia di Antonio un lavoratore forte e instancabile ma altrettanto insoddisfatto e piegato dalla vita, devoto al fiasco di vino e alle angherie nei confronti della moglie e delle figlie. Le tre donne vivono costantemente nella paura per il carattere fumantino del padre e inoltre Marta da un po’ di tempo a questa parte ha un nuovo timore. Uno dei caporali del Barone le ha messo gli occhi addosso e lei sa che prima o poi l’uomo sarebbero passato ai fatti e la vicinanza nei campi delle altre donne non sarebbe più bastata come protezione.

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Vive nel timore ma ogni sera una piccola luce nel suo cuore la risolleva. Al rientro dai campi, infatti, nascosto agli occhi delle altre donne e della madre, c’è il suo Salvatore ad aspettarla. Il giovane è un uomo libero a differenza sua, perché il padre anch’egli pescatore ha insegnato al figlio il mestiere che gli ha permesso di non avere debiti nei confronti del Barone e di poter vivere libero, seppur duramente.

Pronti ad affrontare Antonio per l’autorizzazione a procedere con il matrimonio, i due giovani si salutano, ma non sanno che la tragedia è dietro l’angolo. Non avranno infatti più bisogno dell’autorizzazione del padre padrone ma il pericolo arriverà da un’altra fonte e sarà peggiore e molto più forte e crudele.

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L’antica leggenda da cui prende spunto il romanzo, spiega l’origine della Rupe della Dannata che sovrasta ancora il Porto Naturale di Porto Selvaggio. Una storia nella storia che l’autore ha scritto focalizzandosi su una leggenda popolare e scrivendone un testo che è come un piccolo Bonsai. Piccolo, delicato, senza fronzoli, ma ben delineato e curato nei minimi particolari. Un testo che ha al suo interno una storia d’amore puro tra due giovani che hanno paura del futuro ma che si sentono meno soli e più forti perché hanno l’altro su cui contare. Una storia di soprusi e di diritti primari non ancora riconosciuti.

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La leggenda narra che una giovane e bella fanciulla di Nardò, vissuta nel XVII secolo, stava per sposarsi con un uomo che amava, ma fu chiesta da un signorotto locale in base allo “jus primae noctis”.

Lo Jus primae noctis, cioè il “diritto della prima notte”, indica il diritto di un signore feudale di trascorrere, in occasione del matrimonio di un proprio servo della gleba, la prima notte di nozze con la sposa. Ancora oggi i pescatori raccontano che, in certe notti di luna piena, in cima alla rupe, si veda una donna vestita da sposa o che la si oda pregare (o lamentarsi) sulla roccia a strapiombo sul mare.

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Uno stile narrativo lineare, accurato e per nulla banale che guida il lettore attraverso la riscoperta delle nostre origini e radici. Il tutto dando voce e colore a luoghi che visitati da turisti quotidianamente possono sembrare spogli e distaccati dalla realtà ma che nonostante questo hanno una storia, un vissuto e molte storie da raccontare.

Libro consigliatissimo e i miei complimenti all’autore per questo primo traguardo e successo, spero vivamente scriverà altro molto presto perché gli riesce molto bene. Voto 5/5

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