Recensione “L’incastro (im)perfetto” di Colleen Hoover

Quando Tate Collins incontra il pilota di linea Miles Archer, sa fin da subito che non potrà trattarsi di amore. A dire il vero, i due non potrebbero nemmeno considerarsi amici, se non fosse che condividono un’innegabile e travolgente attrazione reciproca. Quando scoprono le carte, pensano di aver trovato l’incastro perfetto: lui non cerca l’amore e lei non ha tempo per trovarlo. Cosa c’è di più semplice? L’importante è che Tate si attenga alle uniche due regole che Miles ha imposto: non chiedere mai del passato e non aspettarsi niente dal futuro. Sembra facile, ma non lo è, perché il loro legame si fa sempre più stretto e rispettare i patti per Tate diventa sempre più arduo, fino ad apparirle impossibile. Quella che doveva essere solo una storia di passione travolgente rischia così di trasformarsi in un qualcosa di veramente spiacevole, l’ultima cosa di cui Tate avrebbe bisogno: un amore travagliato e fallimentare.

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Titolo: L’incastro (im)perfetto
Autore: Colleen Hoover
Editore: Leggereditore
Genere: Romance
Data pubblicazione: 16 Novembre 20117
Voto: 4/5

Classificazione: 4 su 5.
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Recensione

Ci credereste? Sono sempre io, quella che odia i romance, a parlare di nuovo di Colleen Hoover!

Il caldo deve avermi dato alla testa, o forse ho preso coscienza dell’illuminazione che EHI! Le commedie sentimentali non sono così male, alla fin fine.

No, in realtà il discorso è un altro – forse. Sono stanca di essere etichettata come “quella dark che legge solo horror”, anche perchè effettivamente non è l’unico genere che mi piace. Ci sono i thriller, i survival game e… boh, non so, tipo l’horror ad esempio. No dai, sto scherzando. Mi piace molto la narrativa contemporanea e anche il fantasy non lo disdegno. Tenendo anche conto della scommessa fatta con me stessa, ossia leggere qualunque libro sia ospitato in casa mia dalle enormi librerie in sala, in camera, in soffitta, in garage – e in bagno, in cucina, in terrazzo… Insomma, l’antifona l’avete capita – voglio imparare ad apprezzare seriamente un po’ tutta la letteratura esistente. Per adesso, i miei unici scogli insormontabili, a quanto pare, rimangono il romanzo storico e quello di fantascienza, per quanto il mio povero ragazzo adori Asimov e gli si spezzi il cuore ogni qualvolta tiro fuori questo discorso.

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Altro giro alla Coop, altra corsa. Depositando Picnic a Hanging Rock, regalatomi tempo fa da una persona molto speciale che avrebbe voluto che il suo testimone continuasse a passare di mano in mano dopo la mia lettura, ho dato un’occhiata cupida alla libreria rossa e bassa fuori le casse. Quel giorno, di materiale se ne annoverava parecchio. Sfregandomi le mani, mi sono tuffata nella metodica analisi del possibile bottino che, per all’incirca una settimana, avrebbe stazionato in camera mia per poi tornarsene alla Coop con qualche fratello libroso ad accompagnarlo. Colleen Hoover mi è subito balzata all’occhio e mi sono sentita la persona più fortunata del mondo. Se L’incastro (im)perfetto sarebbe stato bello anche un quarto rispetto a It ends with us, ero a cavallo.

In bici, tornando a casa con le buste della spesa sventolanti come tele pronte a essere dipinte con la mia fantasia di lettrice eccitata, pensavo alla trama del romanzo e all’inevitabile, come leggere Hoover mi ha insegnato, ribaltamento della situazione che avrebbe avuto luogo nel libro. Da romance a drama, con quest’autrice, è veramente questione di un attimo.

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Rientrata a casa mi sono subito messa a leggere, riponendo le uova e i pacchi di pangrattato senza glutine nell’angolo ombreggiato apposito e tenendo aperto il romanzo con un indice spinto senza pietà contro il cuore del libro. Ok, già in partenza ho realizzato che con Tate, la protagonista della storia, non ci sarebbe stato lo stesso affiatamento che avevo sperimentato nei confronti di Lily di It ends with us, nonostante le due fossero molto simili. Che Hoover propinasse ai lettori personaggi fatti con lo stampino un po’ me lo aspettavo, ma è una di quelle autrici dalle idee così fervide, che si impegna in un tipo di genere per il quale non è poi così necessario chi narra la storia, quanto più come questa è raccontata.

Tate – nome che mi ha ricordato l’impagabile bello e dannato della prima stagione di American Horror Story – è un’infermiera super impegnata che si trasferisce dal fratello Corbin, pilota modello, per qualche tempo, grata della sua ospitalità. Al suo arrivo nell’appartamento che condividerà con lui, trova a bloccarle la porta un ragazzo sbronzo da fare schifo che le sbarra la strada. Nonostante cerchi di aggirarlo, quello le si intrufola in casa. Chiarito che non si tratta di un maniaco ma, piuttosto, di uno dei colleghi e dei migliori amici del fratello, Tate dà una mano a Miles, questo il nome dell’ubriaco, a sistemarsi sul divano. Niente da dire, è sexy, questo non glielo toglie nessuno. Tate lo osserva incuriosita e, nei giorni successivi, non può non notarlo in giro per il palazzo, che condividono diversi colleghi piloti perchè accanto all’aeroporto.

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Corbin è stato categorico: niente relazioni fra la sorellina più piccola e i suoi amici, mai, per nessun motivo. Quasi fosse fatta di cristallo, Tate non può farsi avvicinare dai suoi colleghi, pena una rabbia spropositata da parte sua. Eppure, tra lei e Miles c’è un’attrazione tangibile che non fa altro che crescere sempre più ogni giorno che passa. Alla fine, i due instaurano un rapporto clandestino che mi sapeva tanto di I Cesaroni, nel quale si vedono di nascosto e svicolano ogni volta che il povero Corbin è nei paraggi – cosa che non ho trovato molto giusta nei suoi confronti, ma vabbè, di questo parlo dopo. Miles impone le sue due regole d’oro a Tate, però, che lei accetta senza pensarci due volte perchè, almeno inizialmente, le condivide.

-Nessuna domanda sul passato;
-Niente speranze per il futuro;

Una storia da consumarsi nel presente, dunque, velocemente come brucia lo stoppino infiammato di una candela. Per quel che mi riguarda, non avrei mai detto sì a Miles, figo e aitante quanto ti pare, ma abbastanza misterioso e inaffidabile. Forse perchè sono certa che le storie tipo “amici con benefici” finiscono sempre per lasciar ferito uno dei due nella coppia e per creare scompigli. E infatti… E’ ovvio che a Tate non basta un rapporto del genere. Andando contro quel che lei stessa ha proclamato, non riesce a ignorare che con Miles vorrebbe qualcosa di più, e che non sopporta quando lui sparisce per settimane e si ripresenta come se non fosse successo nulla per esigere affetto.

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Mia cara Tate, possibile che ancora mi cadi in questi errori? Gli uomini che non cercano storie serie hanno sempre qualcosa da nascondere, e in quanto personaggio dei libri di Hoover dovresti saperlo bene. Inutile dire che Miles ha alle spalle un passato doloroso per il quale ancora si lecca le ferite, un dramma troppo grande e potente per essere narrato a parole, che lo ha lasciato spezzato e refrattario a qualunque affetto. Sarà Tate in grado di spezzare la sua corazza e guadagnarsi il suo amore incondizionato? Come prenderà Corbin la relazione fra la sorella e il migliore amico? Ci sarà un lieto fine per i due innamorati, o questa favola non si concluderà con il classico E vissero tutti felici e contenti?

Ammetto che, per la prima parte, un po’ come tutti i romanzi di Hoover che ho letto, la trama non mi aveva fatto di certo impazzire. I soliti cliché vecchi quanto la collezione di vinili dei miei, la protagonista femminile che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, bella, determinata e impegnata, mentre la sua controparte maschile è incredibilmente affascinante e con un oscuro passato alle spalle. Solita solfa.

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I personaggi di Hoover, tuttavia, si imparano a conoscere soltanto da un certo punto in poi del romanzo, quando le prime avversità cominciano a trapelare e loro a mostrare la vera essenza della quale sono custodi. Le difficoltà che affrontano non sono mai le stesse, ognuno ha una sua individualità irripetibile, proprio come nella vita vera, e chi sembrava ricalcare alla perfezione uno stereotipo finisce per spiazzarti, mostrandosi più umano e realistico delle persone che incontri per strada e che, dopo un fugace sfregamento dei gomiti, non rivedi mai più.

Miles e Tate si rifugiano entrambi in una storia senza futuro e dal passato inconfessabile perchè temono di affrontare i demoni interiori, che celano allo sguardo altrui. Se la loro relazione decollerà è solo questione di quanto sono disposti ad aprirsi l’un l’altra e a far fronte comune davanti alle ingiustizie della vita e ai ricordi dolorosi.

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Questo romanzo tratta di tematiche da affrontare con i guanti di velluto, facendo molto riflettere e commuovere in più punti della lettura. E’ per questo che mi piacciono così tanto i libri di questa autrice: riesce sempre a rendere i cliché trampolini di lancio per una revisione dei ruoli blasonati di protagonisti altrimenti banali. Parte con la spensieratezza della commedia fino ad approdare alla complessità e alla liricità di un dramma della miglior qualità.

Pace se le protagoniste sono simili per molti versi, se gli uomini padroneggiano tutti la bellezza killer del seduttore, se ai principi lieti e rose e fiori delle storie d’amore si aggiungono sempre e categoricamente le avversità che interrompono gli idilli romantici. A prescindere dallo stile per qualcuno ridondante di Hoover in questo ripresentarsi di luoghi comuni, grazie al contenuto e alla narrazione ritmata e fresca con cui la scrittrice riempie le sue pagine, i suoi romanzi saranno sempre minimo un 4/5, per me.

Voto: 4/5

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