
Daniela Longo è nata a Catania nel 1970. Laureata in Lettere e in Filologia moderna, è docente di italiano e latino dal 1993. Attualmente insegna al liceo scientifico statale “Principe Umberto” di Catania. Ha già pubblicato il saggio Letteratura e televisione tra finzione e realtà. Dal romanzo giallo a Telefono giallo nella rivista di Filologia moderna “Le forme e la storia” (Rubbettino Editore, 1993) e il romanzo giallo La classe di Bruna (Scatole Parlanti, 2022) che ha ricevuto una menzione speciale della critica nell’ambito del Premio Letterario Internazionale “Massa, città fiabesca di Mare e di Marmo”. Le verità del professore è il suo secondo romanzo.
Quando ha sentito in lei il desiderio di scrivere?
La passione per la scrittura ha seguito diverse tappe, nella mia vita.
Durante l’adolescenza è esplosa con il fascino dei classici. Leggere i classici significava approcciarmi alla scrittura di grandi autori come occasione di arricchimento personale e godimento di quella che amo definire “la bellezza letteraria”.
Con l’insegnamento, lettura e scrittura sono diventate il mio pane quotidiano. Ho imparato a condividere la “bellezza letteraria” con i miei studenti e così, in trent’anni da prof di Lettere, ho continuato a sperimentare e riscoprire il piacere dei libri.
La maturità mi ha dato nuovi input. Osservare la vita degli altri e indagare la realtà con maggiore consapevolezza mi ha spinto a scrivere.
Come nasce un’idea per un romanzo?
Un’idea nasce dall’osservazione della realtà, dal desiderio di raccontarla attraverso la scrittura. La narrazione è in grado di aprire mondi, proiettarti verso orizzonti sconfinati. Così quando senti l’urgenza di raccontare, la passione bruciante per la scrittura ti trascina nel processo creativo. Da qui il patto narrativo tra scrittore e lettore in cui due realtà lontane s’incontrano e si fondono in una comunanza d’intenti.
Cosa l’ha spinta a scegliere la scuola come ambientazione dei suoi romanzi?
La scuola è stata per me l’assassina! Dalla potenza all’atto, ho iniziato a trascrivere momenti di scuola. Con cosa cominciare se non con un mondo che conosco da sempre, che non ho mai lasciato, che ho vissuto prima da studentessa e poi da docente?
Partire da quel mondo mi sembrava la scelta più adatta a coniugare le mie passioni per le indagini, per i gialli e per l’umano in toto.
In che modo la scuola riflette le contraddizioni della società odierna?
La scuola nel romanzo “Le verità del professore” è davvero un trampolino di lancio verso la società e verso problematiche più ampie e, direi complesse. È metafora di un mondo in bilico tra lecito e illecito, dove la ricerca della giustizia e il mondo sommerso del web, la verità e l’apparenza s’incontrano e si scontrano nell’intreccio della narrazione.
Del resto quale realtà se non la scuola appartiene alla vita di ognuno di noi. Tutti l’abbiamo vissuta, tutti ci siamo passati e qualcuno come me, ci è rimasto!
Credo che la scuola sia il primo luogo in cui impari ad essere, ad amare, a fare esperienza del mondo. La scuola è un microcosmo in cui si vive la vita. Tuttavia, nei miei romanzi ho fatto una scelta precisa. Ne “La classe di Bruna” romanzo di esordio, la scuola è punto di partenza e, direi d’ arrivo, mentre ne “Le verità del professore”, malgrado il titolo, la scuola costituisce solo un pretesto per andare oltre. Il ritrovamento del cadavere del professore nella casa dell’ex custode è la prova che l’incipit del romanzo spinge l’indagine verso uno scenario adiacente alla scuola, funzionale ad uscirne fuori.
Bea Bannò è una protagonista complessa. Quali sono state le sfide maggiori nel delineare la sua personalità?
Bea è una giovane commissaria di polizia. Intelligente, razionale ma poco socievole e spinta ad indagare la vita degli altri per non soffermarsi troppo sulla sua. Le fanno compagnia i fantasmi del passato, un vissuto familiare arido e anaffettivo e una vita sentimentale piena di tabù.
Nella ideazione di questo personaggio ho messo insieme tanti aspetti. Sono convinta che i personaggi come le persone, siano il frutto di contraddizioni, di aspetti antitetici che convivono in ognuno di noi. Bea è un po’ tutto questo. Nel frattempo ha uno spiccato senso della giustizia e un’ innata propensione per la ricerca della verità nelle indagini.
Quando ne “La classe di Bruna” ho creato questo personaggio non pensavo potesse piacere così tanto, anzi credevo che nel confronto con la prof Bruna, Bea sarebbe rimasta nell’ombra. Invece è accaduto che l’incontro tra queste due donne continua a suscitare e riprodurre emozioni che sono le stesse che entrambe vivono nella narrazione.
Il rapporto tra Bea e Bruna è centrale nella storia. Come si è evoluta questa relazione nel corso dei romanzi?
Bea e Bruna sono due opposti speculari, la doppia immagine di una femminilità autorevole, affascinante e capace di creare attrazione con la forza della mente. Tuttavia hanno differenti modi di approcciarsi all’umano che ruota attorno a loro e questo crea una certa complementarietà. Diciamo che Bea ha ciò che manca a Bruna e Bruna sfodera aspetti e qualità che Bea ha sempre ricercato invano. In questo secondo romanzo le due donne s’incontrano, si conoscono, si trovano face to face in carne ed ossa e, in modo diverso danno il loro contributo alla risoluzione del caso. Alla fine del romanzo il lettore avrà la possibilità di capire la natura del rapporto tra Bruna e Bea. Lasciamo, però un po’ di suspense ai nostri lettori…
La trama è , infatti, ricca di suspense e di colpi di scena. Come riesce a mantenere alta la tensione narrativa per tutto il romanzo?
Il processo creativo è una fase importante nella stesura di qualsiasi opera artistico-letteraria. Per me coincide con la sintesi di emotività e razionalità. Mi spiego meglio. Durante l’ideazione della storia ho bisogno di concentrarmi, immergermi nei personaggi, nelle loro vite, insomma dedicare molti dei miei pensieri a loro. Al contempo, queste intense e quasi sempre notturne riflessioni sono accompagnate da tuffi al cuore, adrenalina, sensazioni ed emozioni che per me sono linfa vitale, lo sprone per andare avanti e costruire una storia che, in anteprima, mi piaccia e mi coinvolga.
Mantenere, poi, alta la suspense non è semplice. Credo sia il frutto di tante letture e sicuramente dello studio dei testi letterari che ha sempre accompagnato il mio lavoro di insegnante. Ogni anno, a scuola la programmazione prevede analisi di testi poetici e narrativi. Scomporre e ricomporre storie, fissare principi e criteri dei diversi generi letterari è una palestra, oltre che passione e divertimento.
“Le verità del professore” tra l’intreccio arzigogolato e una suspense sempre più avvincente è stata una vera e propria scommessa. Man mano che la storia andava avanti era come se si creasse da sé. Ogni giorno venivo fagocitata dai personaggi, dai loro sentimenti, dalle loro azioni fino a immedesimarmi completamente. La prima a vivere la suspense sono stata io. Un’esperienza bella ed emotivamente travolgente.
Il romanzo è scritto in uno stile scorrevole e ricco di ritmo. Quali sono i suoi scrittori di riferimento?
I miei scrittori di riferimento sono, innanzitutto, i classici della letteratura italiana e latina. Da loro ho imparato la chiarezza, la semplicità di dire tutto senza bisogno di essere ermetici, altisonanti o retorici. La parola è tutto, recitava Cicerone, e la forza della narrazione consiste nella capacità di questa di penetrare la mente e il cuore di chi legge. Certamente anche i giallisti evergreen, come Sciascia, Montalbano e Alicia Giménez-Bartlett, sono un faro che illumina il mio cammino di scrittura, quotidianamente.
Ha già in mente nuove storie per la sua protagonista? Quali sono i suoi progetti per il futuro?
“La classe di Bruna” e “Le verità del professore” costituiscono una dilogia. Sebbene possano essere letti indipendentemente l’uno dall’altro, senza una rigida consequenzialità, tuttavia sono accomunati dalle due protagoniste Bea e Bruna. Molti lettori chiedono una nuova indagine per la nostra commissaria, anche se in questo momento sto lavorando ad un nuovo progetto sempre in giallo. Ma a questo punto non escludo né confermo nulla riguardo alla mia Bea.
C’è un altro genere letterario che le piacerebbe esplorare in futuro?
Gialli, thriller e noir mi affascinano più di ogni altro genere letterario. L’indagine psicologica, il fiato sospeso e lo sguardo su tutto ciò che riguarda l’umano sono ciò che nutre la mia curiositas.
Se dovessi scegliere, quindi in futuro continuerei a scrivere storie di vita!