
Maria Angela Chiarenza è nata a Erice (TP) nel 1979. Vive a Grosseto dove esercita la professione di insegnante di lettere presso un istituto tecnico economico.
Quando hai capito che volevi diventare una scrittrice?
Non c’è un momento preciso in cui ho deciso di diventare scrittrice (più che scrittrice, mi definisco autrice), diciamo che lo sono sempre stata, più che altro ho sentito il bisogno di usare la parola scritta come mezzo di comunicazione, di espressione, con me stessa e con gli altri. All’inizio era un rapporto intimo tra me e lo scritto, poi ho voluto estendere, condividere anche con gli altri i miei pensieri.
Cosa ti ispira a scrivere?
L’ispirazione è qualcosa di personale e si verifica in modo improvviso. Mi è capitato di essere particolarmente ispirata quando sono sola con i miei pensieri, quando ho una particolare predisposizione d’animo, quando la materia che sto trattando fa parte del mio vissuto e quindi legata ai ricordi. Altre fonti di ispirazione sono le letture, le canzoni.
Qual è il tuo processo di scrittura e come ti organizzi per scrivere?
Il mio processo di scrittura, inizialmente, è una bozza che si affina di passaggio in passaggio. Mi spiego meglio: all’inizio ho in mente una storia, comincio a scriverla per sommi capi, in seguito ritorno su ciò che ho scritto e comincio ad approfondire la psicologia del personaggio, gli ambienti, il rapporto tra di essi.
Il racconto finale non corrisponde quasi mai perfettamente a ciò che avevo programmato all’inizio, infatti durante il processo creativo subentrano dei cambiamenti, a volte suggeriti dalla costante definizione del personaggio e dalla descrizione delle azioni e delle reazioni. Fino alla conclusione, il romanzo si percepisce in fieri.
Come nasce “Nina Marghese”?
Il personaggio di Nina è particolare. Ha la sua nascita nel mio romanzo precedente, Amelia la vendetta del cuore, e cresce e si sviluppa nel secondo romanzo, intitolato proprio Nina Marghese. Ho pensato a lei come ad una donna forte e determinata, pronta a mettere in discussione le sue poche certezze per partire alla ricerca di sé; affronta un viaggio sia fisico che personale, di formazione vero e proprio. È indipendente, giovane, inserita nella vita di una città caotica, ambiziosa, prodiga, tutte qualità che singolarmente – o tutte insieme – si possono riconoscere nelle donne di sempre e che, nel tempo, non hanno avuto un riconoscimento. Nina nasce come rappresentante delle donne intelligenti e passionali, perché alterna momenti di razionalità a momenti di abbandono al sentimento. I miei personaggi sono verosimili e, conoscendoli, possono ricordare un nostro parente, un amico, un familiare.
Come hai scelto le tematiche presenti nel libro?
Le tematiche sono da ricondurre al periodo storico e all’ambiante socio-culturale in cui si muove la protagonista. In particolare, i contesti in cui si svolge l’azione sono due: l’America degli anni Trenta, con le sue peculiarità e criticità, come la crisi economica e finanziaria di Wall Street, l’emancipazione femminile con il diritto di voto alle donne, l’emigrazione verso il nuovo mondo di quella categoria di persone che sognava una vita migliore, il proibizionismo; la Sicilia degli anni Trenta. Qui i problemi sono altri e non più semplici da risolvere di quelli citati prima, come le conseguenze della fine della prima guerra mondiale, l’avvento del Fascismo, la condizione di subordinazione della donna, il rapporto genitori e figli, la mafia.
Quale scena hai amato maggiormente scrivere?
Le scene che ho amato scrivere sono quelle che rappresentano le vecchie donne del paese, che si esprimono in dialetto, che scrutano, spiano, sparlano, inventano. Sono donne che suscitano il riso, la simpatia e attraggono la curiosità del lettore.
Qual è stata, invece, quella più complessa?
La scena più complessa è stata quella finale. Non vorrei spoilerare, come si dice oggi, il finale del romanzo, quindi mi limito a dire solo questo.
Progetti futuri?
Vorrei continuare a scrivere. Ho già in programma un altro lavoro, un altro romanzo, anch’esso impegnativo e profondo.
Qual è il tuo sogno letterario?
Il mio sogno letterario è quello di arrivare al pubblico ed essere apprezzata, di essere capita.