Scilla Salvi: “Sono una scrittrice a cui piace approfondire la psicologia dei personaggi” #Intervista

Ben tornati a tutti lettori, oggi torno a scrivere per una chiacchierata con l’Autrice di Fiori recisi: Storia di un’aspirante suicida Scilla Salvi.

Scilla Salvi è nata nel 1981 a Bergamo, dove risiede. Nella vita ha intrapreso studi ed esperienze lavorative ben lontane dal mondo letterario, essendo medico veterinario e direttore sanitario di due cliniche veterinarie per cani e gatti. Fiori recisi è la sua prima pubblicazione.

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Come descriveresti te stessa come autrice?

Sono una scrittrice a cui piace approfondire la psicologia dei personaggi, trovarne il conflitto interiore, ma amo anche l’ironia e detesto la prolissità. Less is more.

Cosa ti ispira a scrivere?

La vita e le persone. Non scrivo biografie o autobiografie, ma prendo spunto da alcune situazioni. Ho avuto una vita intensa, ho conosciuto molte persone diverse, mi piace sperimentare, viaggiare, e mettermi alla prova. Spesso mi capita di pensare: questa scena la metto in un libro!

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Come è nato “Fiori recisi”?

Fiori Recisi nasce dall’impulso di scrivere a proposito di un tema, di una problematica. È nato prima il suo personaggio principale: una giovane donna “spezzata” che vaga per i vicoli di Città Alta, a Bergamo, alla ricerca di qualcuno che possa salvarla da sé stessa. Poi ho costruito tutto il resto, ma era dentro la sua testa che volevo portare il lettore, e portare anche me stessa. 

Quale scena hai amato maggiormente scrivere?

Ho amato tutto del mio romanzo, ma c’è una scena che più delle altre mi ha vista impegnata: il finale. Come può finire un romanzo il cui sottotitolo è STORIA DI UN’ASPIRANTE SUICIDA? L’abisso interiore di Stella è tale da sopraffarla? Un finale non edulcorato, quindi, ma realistico? Oppure chiudere con un finale di rivalsa e realizzazione interiore, che rende più felice il lettore, rischiando di essere banale? O un finale che ci faccia sentire ancora di più parte della storia… Non resta che scoprirlo!

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Quale messaggio hai voluto trasmettere con questo libro?

Vorrei trasmettere un messaggio di solidarietà a chi soffre di disturbi emotivi o psicologici, in un mondo in cui c’è una maggiore attenzione a queste problematiche, ma si tende sempre a considerarsi immuni. La realtà è che nasciamo tutti con lo stesso entusiasmo per la vita, basta osservare i bambini per capirlo, ma poi succede qualcosa, a tutti noi, in piccola o grande misura, che condiziona il nostro umore, il nostro equilibrio, e il nostro stesso approccio alla vita. Ferite irrisolte, che solo se affrontate possono essere superate.

Come hai scelto le tematiche affrontate nel testo?

Sono stata mossa dalla curiosità di sondare l’inesplorabile. Mi sono addentrata negli ingranaggi di una persona che ha subito traumi e abusi nell’infanzia. Ho provato a giustificare il desiderio di arrendersi, senza giudicarlo. 

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Cosa trovi più gratificante nello scrivere?

Nella vita ho fatto teatro ed è stata un’esperienza bellissima. Scrivere è un po’ come recitare; si entra in una pelle nuova, si guarda il mondo con occhi diversi. 

Qual è il tuo processo di scrittura?

Il primo romanzo l’ho scritto di pancia, il secondo lo sto scrivendo mettendoci più progettualità. In entrambi i casi, cerco di sfruttare al massimo il poco tempo che ho e leggo moltissimo, traendo ispirazione dai grandi autori.

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Quali sono i tuoi autori e/o libri preferiti?

Lolita di Nabokov è il mio romanzo preferito. Un autore geniale, che riesce a farti empatizzare con un pedofilo; se non è bravura questa…

Progetti futuri?

Sto scrivendo un nuovo romanzo e ho già tante idee per romanzi futuri.

Un tuo sogno letterario?

Il mio sogno è poter vivere di scrittura. Non che non ami il mio lavoro, faccio il veterinario e credo sia uno dei lavori più belli del mondo, ma è anche un lavoro molto stressante. Al contrario scrivere, per me, è un totale antistress. 

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