L’amore che non ha paura di spogliarsi: #intervista a Erika Barbieri

Ci sono storie che non si leggono solo con gli occhi, ma si percepiscono attraverso i sensi: l’odore della carta stampata, il profumo dell’erba bagnata e quel brivido sottile che accompagna il passaggio da un’amicizia profonda a un amore incerto. Erika Barbieri, autrice piemontese classe 1987, ha saputo trasformare la sua sensibilità verso il mondo naturale e le emozioni umane in un esordio delicato e potente: “A piedi nudi sull’erba”. In questa intervista, l’autrice ci racconta come è nato il legame tra Giulia e Ale, la sfida di raccontare la vulnerabilità e il coraggio necessario per vedere il proprio nome impresso sulla copertina di un libro nato dal cuore.

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“A piedi nudi sull’erba” suggerisce un senso di libertà, ma anche di estrema vulnerabilità. Com’è nata questa immagine e perché ha scelto di renderla il filo conduttore del rapporto tra Giulia e Ale?

Il titolo nasce da un’immagine semplice e potentissima: camminare a piedi nudi sull’erba, un gesto che racchiude libertà e vulnerabilità, proprio come il legame tra Giulia e Ale, che imparano a esporsi, a fidarsi e a crescere insieme. Questa immagine è nata come intuizione emotiva, un simbolo capace di racchiudere l’essenza della storia: il coraggio di sentire tutto, anche quando fa paura.

Il rapporto tra Giulia e Ale si muove proprio su questo equilibrio delicato: Giulia impara lentamente a camminare “a piedi nudi”, lasciando andare le sue insicurezze e trovando la forza di mostrarsi per ciò che è davvero. Ale, che all’inizio appare sicuro e stabile, attraversa un momento in cui perde la rotta: è allora che la sua vulnerabilità emerge, e Giulia diventa il suo appoggio. Insieme affrontano sentimenti che fanno paura, il loro legame cresce perché entrambi accettano di essere esposti, imperfetti, autentici.

Camminare “a piedi nudi sull’erba” diventa così la metafora del loro modo di amarsi: senza difese, senza maschere e con la libertà di essere se stessi.

Il tema del “friends-to-lovers” è un classico della narrativa. Qual è stata per Lei la sfida più grande nel raccontare quel timore paralizzante di rompere un equilibrio perfetto per un’incognita amorosa?

La sfida più grande è stata restituire con sincerità quel timore sottile ma potentissimo che nasce quando un’amicizia profonda rischia di trasformarsi in qualcosa di più. Nel “friends-to-lovers” non c’è solo l’incognita dell’amore: c’è la paura concreta di perdere un equilibrio costruito nel tempo, di mettere a rischio un legame che già funziona, che già dà sicurezza.

Per raccontare questo sentimento ho cercato di entrare nel silenzio tra Giulia e Ale, in tutto ciò che non si dicono per paura di rovinare ciò che hanno. È un timore paralizzante, perché non riguarda solo il futuro, ma anche il passato condiviso. La vera difficoltà è stata rendere visibile quella tensione invisibile: gli sguardi trattenuti, i gesti che cambiano significato, il confine sottilissimo tra affetto e desiderio.

In fondo, la sfida è stata mostrare che il coraggio di rischiare un amore nasce proprio da lì: dalla consapevolezza che, a volte, restare fermi per paura di perdere qualcosa significa perderlo comunque.

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La protagonista sogna una libreria che sappia di carta stampata. C’è qualcosa della Sua esperienza personale o dei Suoi desideri più profondi in questa aspirazione di Giulia?

Sì, in quella libreria c’è molto di me. Non tanto come progetto concreto, quanto come luogo dell’anima. L’idea di uno spazio che “sappia di carta stampata” rappresenta un desiderio profondo: avere un rifugio fatto di storie, silenzi buoni e pagine che profumano di possibilità.

Giulia sogna una libreria perché cerca un posto in cui sentirsi finalmente a casa, e in questo mi somiglia. Anch’io ho sempre trovato nei libri un approdo sicuro, un modo per respirare meglio. La sua aspirazione nasce da quella stessa nostalgia di autenticità, dal bisogno di circondarsi di ciò che la fa stare bene.

In fondo, la libreria che immagina è il simbolo di un sogno semplice e potentissimo: costruire un futuro che assomigli davvero a ciò che si ama.

Ale è un fotografo freelance, un’anima nomade. Ritiene che la sua professione sia un riflesso della sua difficoltà a “mettere radici” o, al contrario, un modo per cercare di fermare momenti che altrimenti fuggirebbero?

Credo che, per Ale, la fotografia sia entrambe le cose. Da un lato riflette la sua natura inquieta, quella difficoltà a mettere radici che lo porta a muoversi continuamente, come se restare fermo lo spaventasse più di partire. Dall’altro, però, è anche il suo modo di trattenere ciò che altrimenti gli sfuggirebbe: i volti, le emozioni, gli attimi che non tornano.

La macchina fotografica diventa così il suo equilibrio possibile: gli permette di restare in movimento senza perdere del tutto ciò che ama. È il suo modo di dare un senso al caos, di fermare il mondo per un istante quando dentro di lui tutto corre troppo veloce.

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Com’è stato il percorso con la casa editrice Bookabook e cosa ha provato nel momento esatto in cui ha visto il Suo nome sulla copertina di un libro fisico?

Il percorso con Bookabook è stato intenso e formativo. La campagna di crowdfunding mi ha permesso di sentire, fin da subito, il sostegno concreto dei lettori: è stato come costruire il libro insieme a chi credeva nella storia ancora prima di leggerla. Il lavoro editoriale, poi, è stato accurato e rispettoso, un dialogo continuo che ha dato al romanzo la sua forma migliore.

Quanto al momento in cui ho visto il mio nome sulla copertina… è difficile da descrivere. È stato un misto di incredulità, orgoglio e gratitudine. Per un istante il tempo si è fermato: quel nome stampato non era solo il mio, ma il simbolo di un sogno che, dopo anni di paure e tentativi, diventava reale e tangibile tra le mie mani.

Essendo una persona molto legata ai profumi della natura, ha dei rituali particolari mentre scrive? Predilige il silenzio o si lascia ispirare da una colonna sonora specifica?

In realtà non ho un vero e proprio rituale, ma cerco sempre di ricreare un’atmosfera che mi faccia sentire in sintonia con ciò che sto scrivendo. Essendo molto legata ai profumi della natura, mi piace circondarmi di piccoli richiami sensoriali: una finestra aperta, l’odore dell’erba dopo la pioggia, una candela che ricorda il bosco o la terra bagnata. Sono dettagli che mi aiutano a entrare nel giusto stato d’animo.

Per quanto riguarda i suoni, alterno momenti di silenzio assoluto — quando ho bisogno di ascoltare solo i pensieri — a momenti in cui mi lascio guidare da una colonna sonora. Non seguo un genere preciso: scelgo brani che rispecchiano l’emozione della scena che sto scrivendo (a volte è una musica dolce e minimale, altre volte qualcosa di più intenso). Ecco come nasce la playlist all’interno di ogni romanzo.

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Quali sono gli autori o le autrici che hanno influenzato maggiormente la Sua formazione e che considera i Suoi punti di riferimento letterari?

Ci sono autori e autrici che, più di altri, hanno accompagnato la mia formazione e continuano a essere punti di riferimento preziosi. Alcuni li amo per la profondità emotiva con cui raccontano i sentimenti, altri per la capacità di costruire personaggi che sembrano vivere oltre la pagina.

Tra le mie influenze c’è Carley Fortune, che ammiro per la sua capacità di intrecciare nostalgia, romanticismo e introspezione con una naturalezza disarmante. Nei suoi romanzi ritrovo quella delicatezza nel raccontare i legami umani, il peso dei ricordi e la magia degli incontri che cambiano la vita. La sua scrittura, così sensoriale e immersiva, mi ha insegnato quanto sia importante dare spazio alle emozioni autentiche e ai dettagli che fanno vibrare una scena.

Quale sensazione vorrebbe che accompagnasse i Suoi lettori una volta terminata la lettura e chiuso il libro?

Vorrei che, una volta chiuso il libro, ai lettori rimanesse addosso una sensazione di dolce nostalgia, quella che si prova quando si lascia un luogo in cui si è stati bene. Mi piacerebbe che portassero con sé il calore delle emozioni vissute con Giulia e Ale, insieme alla consapevolezza che anche le fragilità possono diventare forza.

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Progetti futuri?

Ho diversi progetti in cantiere, alcuni già molto concreti. Il seguito del primo romanzo è appena stato pubblicato su Amazon, e si intitola Con l’arcobaleno nel cuore: è la diretta prosecuzione della storia, e mantiene il punto di vista di Giulia, così da permettere ai lettori di restare immersi nelle sue emozioni e nel suo percorso interiore.

Il terzo romanzo della serie, invece, uscirà a giugno e sarà raccontato interamente dal punto di vista di Ale. È un libro a cui tengo particolarmente, perché permetterà ai lettori di entrare davvero nella sua testa e nel suo cuore: ritroveremo alcuni eventi già vissuti nei primi due romanzi, ma anche scene completamente nuove, che offriranno una prospettiva diversa e più profonda sul suo percorso.

Dopo di lui, sarà il turno di Tommaso. Il quarto libro racconterà la sua storia attraverso un doppio punto di vista, permettendo di scoprire lati inediti del migliore amico di Giulia e Ale, un personaggio che ha ancora molto da dire.

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Il quinto e il sesto romanzo, invece, saranno dedicati agli altri amici della coppia: ognuno avrà finalmente spazio per raccontare la propria voce, i propri conflitti e il proprio modo di amare.

È un progetto che cresce insieme a me, libro dopo libro, e che mi sta regalando un entusiasmo nuovo. Mi piace pensare che ogni storia nasca da un dettaglio che chiede spazio — e io sto imparando ad ascoltarli.

Il viaggio di Giulia e Ale è solo l’inizio di un universo narrativo che Erika Barbieri sta costruendo con cura e dedizione, un tassello alla volta. Dalle pagine di “A piedi nudi sull’erba” emerge non solo una storia d’amore, ma un invito gentile a restare autentici e a non temere le proprie fragilità. Ringraziamo Erika per averci aperto le porte del suo mondo, tra sogni di librerie profumate e playlist emotive, e le auguriamo il meglio per le prossime uscite della serie che vedranno protagonisti Ale, Tommaso e tutto il loro gruppo di amici. Non vediamo l’ora di tornare a camminare, ancora una volta, tra le pieghe della sua scrittura.

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