Ben tornati a tutti lettori, oggi torno a scrivere per proporvi una bellissima intervista.
L’autrice Raffaella Arpiani ci racconterà di sé e del suo libro “Notte di luna con Van Gogh e altri incontri intimi nella storia dell’arte” edito Feltrinelli editore. Di cui potete trovare la Recensione qui->
Qual è stato il suo primo incontro significativo con l’arte, e come ha influenzato il suo percorso?
Ho frequentato l’Istituto d’arte della mia città di origine, Parma, seguendo un istinto, ma mi rendo conto che tutto è partito proprio da lì. L’amore per l’arte è nato proprio tra i banchi di scuola, grazie alla passione di professori che me l’hanno fatta scoprire come strumento privilegiato di lettura del mondo. Forse per questo sento molto il mio ruolo di docente, per trasmettere a mia volta questa passione e accendere qualche scintilla nei meravigliosi occhi assetati che trovo davanti a me a lezione.
Il suo libro propone un approccio intimo e personale all’arte, superando la sensazione di inadeguatezza che molti provano. Come è nata l’idea di questo approccio e cosa spera che i lettori portino via da questa esperienza?
Andare per mostre e città d’arte è diventata una moda. E molti turisti affollano le sale dei musei per entrare in contatto con le opere più celebri. Per fortuna, ma anche purtroppo. Perché oltre a un contatto solo superficiale, che rischia di non lasciare nulla oltre a qualche foto da condividere, la vera questione diventa la distanza che percepiamo rispetto ad opere che consideriamo perfette, da ammirare dall’alto del loro piedistallo. E qui si consuma il cortocircuito: se le opere ci sembrano stupende, rischiamo di percepirle come qualcosa di superiore a noi e alle nostre imperfezioni. Come se di fatto sottolineassero la nostra inadeguatezza nel confronto. Non è paradossale? In questo senso andare per musei si trasformerebbe in un’esperienza diseducativa! Invece basta capovolgere lo sguardo e cercare punti di contatto con le opere. Spero che nei lettori si inneschi il meccanismo della sana curiosità, per provare ad avvicinarsi alle storie che le opere ci raccontano, che in fondo ci riguardano moltissimo.
Il suo stile la porta a “dialogare con l’arte” anziché “parlare d’arte”. Può approfondire questa distinzione e come si traduce nel suo metodo di analisi delle opere?
Molti libri di storia dell’arte risultano faticosi nella lettura e non solo per i neofiti. C’è quasi la sensazione di dover impiegare un linguaggio colto, che solo pochi eletti possano comprendere. Invece a me piace l’idea opposta, di instaurare un dialogo con opere e artisti, rivolgendo loro delle domande, come faremmo con un amico. Si tratta di eliminare quella sacralità che crea ulteriore distanza e provare invece a guardare con occhi aperti alle scoperte. Una delle frasi che dico più spesso ai miei ragazzi a lezione è: “quello che vediamo nelle opere, c’è”: occorre partire da lì per iniziare a chiacchierare di vita, di amore, di paure e di felicità con i personaggi dipinti o scolpiti.
Oltre al libro, lei ha un canale YouTube, “Arte essenziale”. Come si integrano questi due mezzi e cosa offre il canale in più rispetto al libro?
Il canale è lo strumento privilegiato del mio percorso, da cui lo stesso libro in fondo è nato. Si tratta di diffondere la mia filosofia e il mio approccio: io ritengo che l’arte sia uno strumento essenziale per vivere. Nel canale ho caricato e continuo a produrre centinaia di video-lezioni di storia dell’arte, dall’antichità al contemporaneo, alla portata di tutti. Lo impiegano molti studenti di scuola superiore, moltissimi colleghi prof, tanti studenti universitari, persone che devono prepararsi ai concorsi (anche da guida turistica!) o agli esami e tantissimi curiosi o semplici appassionati, che magari non hanno mai avuto l’occasione di approfondire certi temi.
Sul canale si trovano moltissimi argomenti in più rispetto al libro, anche se nel libro ho avuto la possibilità di trasformare il mio approccio in una specie di esempio teorico applicato, per dimostrare l’utilità dell’arte per il benessere delle nostre vite.
Nel canale oltretutto c’è la mia voce, che forse scalda il racconto, con tutte le mie imperfezioni. Molti lettori però mi hanno detto che gli sembrava di sentire la stessa voce anche tra le pagine scritte. In effetti io ho bisogno di scrivere, poi rileggere a voce alta…
Leggendo si apprezza molto la sua capacità di rendere l’arte accessibile anche ai neofiti, pur mantenendo la ricchezza e la stimolazione per gli esperti. Qual è il segreto di questo equilibrio e come lo ha raggiunto?
Non si tratta di un segreto, ma di tanta passione e tanto studio. La volontà è proprio quella di rendere facile e accessibile a tutti il linguaggio dell’arte. Credo che il lavoro d’aula con i miei studenti continui ad essere la mia migliore palestra di allenamento. Sono loro che mi mettono costantemente alla prova e mi insegnano tanto, soprattutto con le loro domande e osservazioni.
D’altra parte sono facilitata: i miei colleghi di lavoro sono Michelangelo, Caravaggio, Manet, Kandinskij, Van Gogh…
La qualità editoriale del libro è stata molto apprezzata, in particolare le immagini ad alta definizione. Quanto è importante l’aspetto visivo nella sua visione dell’arte e come ha influenzato la scelta delle immagini?
Oggi a volte è più facile avere accesso all’alta definizione di immagini digitali, che non alle opere viste dal vero, spesso male illuminate, in spazi affollati e con vetri che sparano riflessi e rendono impossibile soffermare lo sguardo sui dipinti. Ma per poterli vedere, capire, leggere e apprezzare davvero occorre prendersi il tempo di sostarci davanti a lungo: per questo le immagini devono essere le migliori possibili.
Quali sono le sfide più grandi nell’insegnamento dell’arte a un pubblico neofita?
Con l’arte antica in fondo è più facile. I guai cominciano quando ci si avvicina alla contemporaneità. Facciamoci caso: ci sembra molto più difficile da capire un’opera prodotta oggi, rispetto a una del passato. Ma non è così. Ci sembra, appunto. A volte ci fermiamo alla parte superficiale, alla bravura tecnica di chi ha realizzato la scultura o il dipinto, pensando che noi non ne saremmo in grado. Ma la tecnica era soltanto a servizio di un’idea, sempre. Una volta capito questo, se si impiega un linguaggio semplice, chiunque può rispecchiarsi nell’arte. L’importante è capire che ci riguarda da vicino.
Come vede l’evoluzione dell’insegnamento dell’arte nell’era digitale?
Già oggi moltissime persone non sono in grado di distinguere un’immagine prodotta dall’AI da una reale e questo perché siamo stati abituati a “farci andare bene tutto”, passivamente, senza porci troppe domande. Per questo credo che il lavoro con le immagini dell’arte sia ancora più rilevante oggi. Il digitale può e deve diventare sempre più uno strumento a supporto del nostro lavoro e non viceversa.
Quali sono i suoi progetti futuri dopo la pubblicazione di questo libro?
La manciata di dipinti e sculture che ho scelto per Notte di luna con Van Gogh per affrontare alcuni dei temi che ritenevo più pregnanti è troppo limitata! Per questo, vista l’accoglienza positiva del primo, sto scrivendo un secondo libro che mi permetterà di continuare a dialogare con altre opere.
Nel frattempo continuerò a viaggiare, studiare e raccontare l’arte impiegando ogni possibile mezzo. A volte mi chiedo come facciano le persone a vivere senza appoggiarsi alla presenza essenziale dell’arte!
Notte di Luna con Van Gogh e altri incontri intimi nella storia dell’arte di Raffaella Arpiani
La bellezza dell’arte ci attira come una calamita. Spesso, però, quando ci accostiamo alle opere cercando di afferrarne il senso, corriamo il rischio di sentirci scoraggiati e inadeguati, nella convinzione di non avere sufficienti strumenti di comprensione. E se invece non fosse necessaria la competenza di uno storico dell’arte per coglierne i messaggi? Se osservando la Venere di Milo, un quadro di Manet, Caravaggio o Van Gogh potessimo imparare non solo qualcosa di loro, ma qualcosa di noi? Se dai dipinti, dalle sculture, dalle storie stesse degli artisti che li hanno creati potessimo apprendere i segreti del complicato mestiere di vivere? A partire da sedici capolavori e dai vissuti dei relativi maestri, Raffaella Arpiani ci coinvolge in un gioco di sguardi che fa emergere lati inesplorati di noi. Svelare dettagli poco noti o significati nascosti di sculture e dipinti, risalire alla loro storia e alla loro origine, apprezzarne tecnica e virtuosismo è fondamentale per provare a decodificarli, ma è soltanto l’inizio. Per rendere l’esperienza estetica viva e attuale, e non mera erudizione, occorre prenderci il tempo per capire i modi in cui i capolavori riescono a parlarci con coraggio delle nostre fragilità e debolezze, della ricerca d’identità o del rapporto conflittuale con il corpo e la nostra immagine. Ci indicano la via per affrontare sfide o compiere scelte importanti. Ci fanno riflettere sui nostri inciampi nelle relazioni e in amore. O, ancora, ci mostrano come confrontarci con le ingiustizie, o come reagire alla paura del giudizio, al peso del senso di colpa o all’incubo del fallimento. Dopo la lettura di questo libro non vorremo più “parlare d’arte”, ma “dialogare con l’arte”, ricambiando lo sguardo delle innumerevoli opere, come fossimo davanti a specchi sparsi nei musei e nelle città di tutto il mondo. La prof di “Arte essenziale” avvicina all’arte migliaia di persone con un approccio intimo e originale. Un’esplorazione nella storia dell’arte che diventa un viaggio dentro noi stessi, sulle orme dei grandi artisti e dei loro capolavori.

