American Murder e Il caso Gabby Petito: riflessioni sulla docuserie #Netflix

Ben tornati a tutti lettori e buona domenica, quest’oggi torno a scrivere per parlarvi della serie Netflix che ho terminato ieri sera, facente parte della serie American Murder, omicidi americani.

Gabby Petito, una giovane donna di 22 anni, sognava di esplorare l’America in un furgone insieme al suo fidanzato, Brian Laundrie. La coppia documentava il loro viaggio sui social media, dipingendo un quadro di una vita idilliaca. Tuttavia, nell’agosto del 2021, Gabby è scomparsa, lasciando dietro di sé un vuoto inspiegabile. Brian è tornato a casa in Florida da solo, senza offrire spiegazioni sulla sua scomparsa. La sua scomparsa ha scatenato un’intensa ricerca a livello nazionale, con l’attenzione dei media e del pubblico concentrata sulla coppia. Le indagini hanno rivelato che la loro relazione era tutt’altro che perfetta, segnata da episodi di violenza. La tragica scoperta del corpo di Gabby nella foresta nazionale di Bridger-Teton, nel Wyoming, ha confermato i timori peggiori. L’autopsia ha rivelato che era stata uccisa per strangolamento.

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La successiva fuga di Brian Laundrie ha aggiunto un ulteriore strato di mistero alla vicenda. Dopo una lunga ricerca, il suo corpo è stato ritrovato in Florida, insieme a un taccuino contenente una confessione in cui ammetteva di aver ucciso Gabby. Il caso di Gabby Petito ha avuto un impatto mediatico enorme, sollevando questioni cruciali sulla violenza domestica e sull’uso dei social media. La sua storia è diventata anche una docuserie di Netflix, portando la sua tragica vicenda all’attenzione di un pubblico ancora più ampio.

La storia di Gabby Petito è un racconto straziante di una giovane donna che, con la vita ancora tutta da vivere, incontra un uomo che crede essere la sua anima gemella. Ma dietro la facciata di un amore idilliaco, si cela un’ossessione morbosa, un desiderio di controllo che la isola dal mondo. Ciò che lascia sgomenti è l’atteggiamento dei genitori di Gabby, che non sembrano minimamente allarmati quando la figlia, poco più che ventenne, decide di abbandonare tutto per trasferirsi con un uomo appena conosciuto, di cui ignorano ogni dettaglio. La madre, in particolare, mantiene un contatto sporadico con la figlia e, durante i rari momenti di confidenza, tende a schierarsi dalla parte del fidanzato, un comportamento che appare quantomeno inusuale per un genitore. Saranno proprio loro, paradossalmente, a lanciare l’allarme quando Gabby smetterà di rispondere ai messaggi, dopo giorni di silenzio.

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Una reazione tardiva, che solleva interrogativi inquietanti: come è possibile non preoccuparsi della prolungata assenza di una figlia? È probabile che, se Gabby avesse potuto contare su una rete familiare più solida, non si sarebbe affidata ciecamente a un uomo manipolatore, che l’avrebbe condotta alla morte. La sua incapacità di riconoscere i segnali di una relazione tossica è, in fondo, il riflesso di un contesto familiare che non ha saputo offrirle gli strumenti per proteggersi.

È emblematico come l’unico video di Gabby, pubblicato su YouTube prima della sua tragica fine, avesse raccolto meno di 500 visualizzazioni, un numero che è schizzato a oltre 9 milioni dopo l’uscita della serie. Questo dato rivela l’enorme impatto che la sua storia ha avuto sull’opinione pubblica. Si spera che il racconto di Gabby possa servire da monito per altre giovani donne, aiutandole a riconoscere i segnali di una relazione tossica e a non sottovalutare comportamenti potenzialmente pericolosi. Allo stesso tempo, si auspica che questa vicenda sensibilizzi le famiglie sull’importanza di prestare maggiore attenzione ai propri figli, offrendo loro un supporto emotivo e una guida sicura.

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Di seguito l’unico video della giovane

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